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Verso un mondo senza il Codice degli appalti (e senza ANAC)

Burocrazia virus italiano 2020 num. 21

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Verso un mondo senza il Codice degli appalti (e senza ANAC)

Che la crisi senza precedenti in cui versa il settore dei contratti pubblici sia la diretta conseguenza del peggior Codice di sempre non rappresenta certamente una novità per gli operatori del settore.

Non è affatto un mistero, in particolare, che le innumerevoli pecche e lacune del “nuovo” Codice dei contratti abbiano lasciato le imprese ad operare in un pantano di ambiguità e incertezze applicative.

Il D.Lgs. n. 50/2016, invero, adottato con proclami altisonanti e presentato come necessario, chiaro, comprensibile, completo e sistematico, è di contro disordinato, incoerente, a tratti incomprensibile e certamente non esaustivo.

Esso si è dimostrato sin da subito palesemente inadeguato a regolare in maniera efficace il delicato comparto delle pubbliche gare, cagionando in prima battuta una generalizzata paralisi delle amministrazioni nella pubblicazione dei bandi. Ma anche quando, poi, superata la fase di “sconcerto operativo” iniziale, i bandi hanno cominciato ad essere pubblicati, i tempi per addivenire alle aggiudicazioni, alle stipulazioni dei contratti e alle consegne dei lavori si sono rivelati ben lungi dalla celerità auspicata dal Legislatore.

Il vero problema è che, a ben vedere, nessuna delle “rivoluzioni di sistema” che il nuovo Codice avrebbe dovuto innescare è mai concretamente entrata in vigore. Si pensi, ad esempio, al tema della qualificazione delle stazioni appaltanti, la cui effettiva implementazione richiederà probabilmente decenni. O, ancora, all’albo dei commissari di gara, la cui predisposizione, affidata alle cure dell’ANAC, non ha visto nemmeno un principio di attuazione, tanto da costringere il Legislatore, con lo Sblocca-cantieri, a sospendere l’operatività della relativa norma fino al 31 dicembre 2020, onde consentire alle stazioni appaltanti di continuare a nominare i propri commissari.

A questo quadro – invero già preoccupante – si aggiungono poi diverse scelte normative di scarsa opportunità e/o senso logico (laddove non gravemente contrastanti con le Direttive europee del 2014), quali, in primis, il divieto di ricorso al c.d. “appalto integrato”; le inspiegabili limitazioni al subappalto; l’introduzione, nel “sotto-soglia”, del principio di rotazione (a causa del quale non è più consentita la partecipazione alle gare di chi abbia già prestato la propria opera in favore della stessa stazione appaltante); l’inopinata “criminalizzazione” delle varianti e dell’accordo bonario.

Per non menzionare, poi, taluni istituti fondamentali (relativi soprattutto alla fase di esecuzione del contratto) che, puntualmente disciplinati dal “vecchio” d.P.R. n. 207/2010, sono stati inspiegabilmente pretermessi dal Codice del 2016, rimanendo sovente sottoposti all’assoluta discrezionalità (ove non al puro arbitrio) delle singole stazioni appaltanti: cito, tra i tanti, la disciplina degli interessi da ritardato pagamento così come quella in materia di eccezioni di inadempimento ex art. 1460 del Codice civile, le proroghe, il quinto d’obbligo, le varianti, l’aggiornamento dei prezzi, la cooptazione, le riserve.

E che dire dell’abolizione della figura del collegio consultivo tecnico, che tanto utile si era dimostrata a risolvere nell’immediato gran parte delle problematiche emergenti nel corso dell’esecuzione, prima ancora che queste divenissero oggetto di riserve o contenziosi?

Come se non bastasse, poi, con il D.Lgs. n. 50/2016 si è incomprensibilmente ritenuto di abbandonare il brevettato modello del Regolamento attuativo – che da sempre ha rappresentato un irrinunciabile punto di riferimento per gli operatori economici e per le stesse amministrazioni – in favore di una disciplina secondaria improntata sulla c.d. “soft law”, ad oggi adottata in minima parte rispetto alle previsioni codicistiche e per giunta in maniera raffazzonata, priva del benché minimo barlume di organicità e razionalità.

A mio sommesso avviso, in buona sostanza, il Codice si è rivelato totalmente inadeguato, conclusione che mi pare ampiamente corroborata dall’attuale panorama degli affidamenti (desolante da ben prima del Covid-19), nonché dalla circostanza che, negli ultimi anni, la soluzione prescelta dal Legislatore per far fronte a situazioni emergenziali è stata, sempre e comunque, quella di consentire agli attori amministrativi (già esistenti o creati all’uopo) di operare in deroga al Codice stesso (cito, tra i tanti, il ponte Morandi, gli interventi da realizzare a Cortina per i Mondiali di sci, il G7 di Taormina e, da ultimo, l’acquisto di mascherine e degli altri necessari apprestamenti anti-Covid da parte della Protezione civile).

A tutto ciò aggiungasi il noto “tasto dolente” rappresentato dal (non) operato dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, la cui difficoltà di far fronte al multiforme assortimento di compiti ad essa riservati dalle norme del Codice (interpretativi, regolatori, consultivi, ispettivi e sanzionatori, oltre a quelli più prettamente amministrativi) ha trovato di recente, nell’ambito dell’emergenza sanitaria da coronavirus, una tanto prevedibile quanto sconfortante conferma.

Sin dall’entrata in vigore del D.Lgs. n. 50/2016, invero, l’ANAC si è resa responsabile di una nutrita serie di insuccessi, tra cui mi preme ricordare la confusione ingenerata negli operatori del settore dalle “Linee guida” e dalle indicazioni fornite con enorme ritardo dall’Autorità nei propri pareri di precontenzioso; i tempi biblici per il completamento dei procedimenti di controllo; la mancata attuazione del sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti e dell’albo dei commissari di gara (sospeso, come già detto, nell’ambito della riforma del 2019).

Come premesso, inoltre, nel frangente emergenziale appena trascorso il contributo dell’Autorità si è concretato in poco più che sollecitazioni, suggerimenti e ridondanti “memo riepilogativi”.

Da ultimo, poi, non va dimenticato l’annoso problema del c.d. “blocco della firma”, vera e propria piaga del mondo dei contratti pubblici.

I RUP, in particolare, nell’evidente preoccupazione di incorrere in responsabilità di diversa natura – incrementata esponenzialmente dalle equivocità del D.Lgs. n. 50/2016 –, tendono a rinviare ad oltranza la risoluzione delle problematiche e a firmare il meno possibile, ingessando le procedure di gara e la connessa fase esecutiva.

Insomma, potremmo dire, nel quadriennio appena conclusosi il binomio Codice dei contratti-ANAC altro non ha fatto se non ostacolare severamente l’indizione e lo svolgimento delle gare pubbliche, oltre a complicare oltremodo il proficuo dispiegarsi dell’esecuzione.

Come ovviare, dunque, al danno pressoché irreparabile inferto agli operatori del settore da un Codice oscuro, barocco e già obsoleto con il concorso di un’Autorità di settore miope, rigida e giustiziera? Come restituire al settore dei contratti pubblici la necessaria flessibilità, snellezza ed efficienza, incentivando le grandi opere e promuovendo l’occupazione?

In primo luogo, è chiaro che l’integrale abrogazione del Codice dei contratti rappresenti oramai l’unica strada percorribile.

Per questo motivo, va definita prioritariamente una data ultima di “scadenza” del D.Lgs. n. 50/2016. Un’opzione credibile – anche in considerazione della normativa transitoria contenuta nella recente bozza del DL “semplificazioni”, di cui dirò tra poco – sarebbe il 31 luglio 2021.

Dopodiché, non rimarrà che dedicarsi ad una completa riscrittura del Codice, ricalcando la nitidezza e la linearità delle Direttive comunitarie del 2014, cui aggiungere le norme sulla qualificazione delle imprese e sul “sotto-soglia”, che debbono certamente restare in vigore.

Le imprese e le amministrazioni, invero, necessitano di poche regole chiare e precise: la disciplina di dettaglio andrà quindi lasciata ad un Regolamento attuativo specificamente dedicato alla fase dell’esecuzione e ad un capitolato generale che si occupi minuziosamente degli aspetti operativi, sostituendo le improduttive Linee guida ANAC. Nelle more, sarebbe opportuna (come pare essere già in programma nella citata bozza del DL “semplificazioni”) l’immediata adozione di un’apposita normativa transitoria “emergenziale”, incentrata sul ricorso in via privilegiata alla procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando di gara e, per le opere di maggiore rilevanza e dimensioni, sulla nomina di un commissario che possa operare anche in deroga all’attuale Codice e alle citate Linee guida.

Al riguardo, come ho già anticipato, le proposte normative transitorie contenute nella bozza del DL “semplificazioni”, per quanto perfezionabili, nel prevedere il ricorso alla procedura ristretta, alla procedura competitiva con negoziazione, ovvero, ricorrendone i relativi presupposti, alla procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando di gara, paiono fortunatamente muoversi proprio in questa direzione.

Questo per quanto riguarda le “sorti” del D.Lgs. n. 50/2016.

Con riferimento all’ANAC e alla sua comprovata incapacità di svolgere efficacemente le (troppe) funzioni alla stessa assegnate dal Codice, invece, ritengo imprescindibile la reintroduzione di una Autorità specifica sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, cui conferire un’adeguata dotazione di personale appositamente formato in materia di contrattualistica pubblica. Ciò consentirebbe di lasciare l’Autorità Nazionale Anticorruzione ad occuparsi per l’appunto (e unicamente) della lotta alla corruzione.

Da ultimo, per quanto concerne il regime della responsabilità dei funzionari pubblici, lo “scudo” penale ed erariale già previsto dalla normativa emergenziale “anti-Covid” per il Commissario straordinario ed i relativi soggetti attuatori andrebbe esteso a tutti i responsabili del procedimento di qualsiasi stazione appaltante. Risulta infatti prioritario, a mio sommesso avviso, attenuare in via generale il regime delle responsabilità, restituendo ai funzionari quella serenità di azione e di giudizio necessaria al sollecito svolgimento della fase di gara e di quella esecutiva, senza operare nel costante timore delle valutazioni del giudice contabile.

Anche in questo senso, un primo passo avanti (seppur di carattere transitorio e, dunque, insufficiente per definizione) sembra essere stato mosso nella bozza del DL “semplificazioni”, che ha previsto una limitazione della responsabilità contabile dei funzionari pubblici al solo profilo del dolo (anche se per le sole azioni e non per le omissioni).

In definitiva, per quanto preoccupante sia la situazione attuale (esacerbata da anni di cattive norme e dalle eccessive ingerenze dell’ANAC), non mancano certamente le soluzioni da attuare per invertire la tendenza e garantire la ripartenza del settore: non resta dunque che confidare nella saggezza e nella lungimiranza del Legislatore.

 

Arturo Cancrini, Avvocato amministrativista, Docente presso la Facoltà di Ingegneria Università di Roma Tor Vergata

Luglio 2020


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Autore: Arturo Cancrini

TAGS: appalti, Burocrazia, contratti, Covid, covid-19, semplificazione, sviluppo economico

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