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Beneficio. E non costo

Sicurezza è il futuro 2018 numero 11

Spendere per cantieri sicuri è un ottimo investimento

Beneficio. E non costo

Sono dieci anni di vigore del Testo unico sulla sicurezza del lavoro, atteso con tanta speranza da decenni. Oltre tredicimila morti sul lavoro (uno ogni otto ore) e 8 milioni di infortuni sul lavoro accaduti negli ultimi dieci anni nonché il numero oscuro di quelli dissimulati e almeno tremila morti da amianto ogni anno come esposto nei lavori della Commissione di inchiesta del Senato sugli infortuni e le malattie professionali. Dopo dieci anni mancano ancora molti decreti attuativi del decreto 81 del 2008. Ad esempio il S.I.N.P. deve ancora decollare e la “patente a punti” delle imprese edili non è stata mai applicata. Nel frattempo la normativa si è arricchita senza un inquadramento sistematico: il nuovo codice dei contratti pubblici fa dei costi della sicurezza un perno centrale dei lavori pubblici; i provvedimenti noti come Industria 4.0 legano l’innovazione alla sicurezza; il Jobs Act aggancia la riforma del lavoro alla tutela della salute e istituisce l’Ispettorato Nazionale del Lavoro, dopo tre anni ancora impantanato nella burocrazia, nelle resistenze di categoria e nell’impossibilità normativa di coordinare gli ispettori delle Asl. Le politiche pubbliche, grazie soprattutto ai fondi destinati dall’Inail con i bandi ISI per mettere in sicurezza i luoghi di lavoro, hanno ridotto gli infortuni del 25,4% nelle imprese sovvenzionate rispetto a quelle che non hanno chiesto o ottenuto i fondi.

Rimane avviluppato il nodo dei controlli, di cui va elevata la qualità e competenza affinché diventino proficui per imprese, lavoratori, Stato, Regioni e collettività. Si pensi al caso dell’incendio di un laboratorio di Prato con la morte di sette lavoratori cinesi il primo dicembre 2013, dopo il quale la Regione Toscana ha reclutato 75 ispettori per tre anni sulla base di un protocollo con la magistratura. Sono stati scoperti il triplo dei reati in materia di lavoro rispetto al periodo precedente e centinaia di imprese illegali, e infine sono state incassate somme superiori a quelle impegnate per retribuire i 75 ispettori, così giovando anche alle imprese sane che subivano la concorrenza sleale sfruttando i lavoratori, abbattendo i costi, evadendo gli obblighi di legge.

Un tema ricorrente riguarda i costi della sicurezza, che comunque sono inferiori a quelli dell’insicurezza (umani, legali, produttivi, amministrativi, oltre le sanzioni penali e le conseguenze nelle relazioni interne) dimenticando che si tratta (non di costi ma) di investimenti per rendere efficiente e funzionale una procedura, un sistema produttivo, l’organizzazione del lavoro. Ogni euro messo sulla sicurezza porta a produrre meglio, senza danni, quindi reddito e risparmio, benefici non costi. Dieci anni fa veniva anche ampliata la responsabilità delle imprese agli omicidi e lesioni gravi dovuti a colpa sul lavoro secondo il d.lgs. 231 del 2001. Poche imprese hanno approfittato della normativa (peraltro facoltativa) per rivedere l’organizzazione del lavoro; altre hanno pensato ad assolvere un ulteriore adempimento burocratico; quasi tutte non vi hanno provveduto. Nove volte su dieci quando v’è un infortunio sul lavoro e si vuole indagare sulla responsabilità dell’impresa, non si trova alcun modello di gestione richiesto dal decreto 231: una normativa con un’alta funzione preventiva le cui sanzioni pecuniarie non hanno avuto un effetto incentivante verso l’adozione dei modelli gestionali, nonostante siano così pesanti da decapitare una piccola azienda. Al riguardo non si trascuri che la maggiore parte degli infortuni si verifica nelle P.M.I. che costituiscono oltre il 90% delle imprese italiane, e questo dovrebbe orientarci quasi esclusivamente per dare loro supporto preventivo.

A fronte di tali dati però il lavoro è cambiato: non solo precariato, ma anche caporalato e sfruttamento. In vari settori regna il lavoro nero, pagato a 2-3 euro l’ora, senza diritti, senza dignità. Disoccupazione giovanile, immigrazione, precariato e stagionalità dei lavori stanno mutando il DNA del governo dell’impresa e del mercato del lavoro. Si rischia di tornare a livelli ottocenteschi favorendo un’imprenditoria pirata a scapito di chi investe seriamente e innova. Non si trascuri un profilo di responsabilità sociale: ciò che fa bene all’impresa fa bene alla società; ciò che danneggia l’impresa è un costo per la collettività a carico dello Stato sociale attraverso il sistema previdenziale, assicurativo, sanitario e giudiziario. In Germania ciò significa il 2,6% del PIL, in Italia circa il 3%.   

Bruno Giordano, Magistrato presso la Corte di Cassazione; Professore di Diritto della sicurezza del lavoro, Università degli Studi di Milano

Aprile 2018


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Autore: Bruno Giordano

TAGS: cantieri sicuri, edilizia, Lavoro, prevenzione, Sicurezza

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