Legge di stabilità? 2019 numero 15

Promesse, mance, lobby e altre amenità

Dal Presidente

Che fine hanno fatto i 15 miliardi per le infrastrutture?

Promesse, mance, lobby e altre amenità

Novembre 2018. Incominciano i giochi. Al nastro di partenza un parlamento con un Governo tutto nuovo, quello in esito alle elezioni dello scorso 4 marzo. Una moltitudine di uomini alla prima esperienza, alla Camera e al Senato, ancora disorientati sull’utilizzo del badge. La Legge di bilancio è alle porte. Dall’altra parte ecco gli squadroni della lobby: da Confindustria agli Artigiani, dai Commercianti ai Consulenti, dalla associazione degli amici del lombrico alla congrega di carità dei superstiti del nulla…. Tra tutti, naturalmente, ANCE; anche lei in prima linea. Avevamo tutti quanti predisposto un lavoro di contenuto veramente significativo. Tutti i Vice Presidenti nazionali, assieme al Presidente Buia, avevano diligentemente predisposto testi, emendamenti, relazioni, motivazioni. Il motivo predominante partiva da una consapevolezza. A luglio ANCE e sindacati di categoria avevano composto, non senza difficoltà, un contratto nazionale dell’edilizia sofferto, ma ambizioso. In tempi di magra come quelli degli ultimi 10 anni, un contratto particolarmente impegnativo, che spesso all’interno del sistema aveva creato molteplici mal di pancia. Possiamo pure osare, nel dire, i sindacati non ci smentiranno, un contratto “coraggioso”.

Alcuni segnali interessanti avevano anche animato i mesi precedenti e creato alcune aspettative: e cioè che la legge di bilancio avesse il merito, per una volta, con il “Governo del cambiamento”, certamente di garantire le famose priorità del contratto di Governo (reddito di cittadinanza, flat tax, quota 100, ecc.), ma anche di invertire il trend negativo e recessivo e infilare una quindicina di miliardi nel triennio successivo per infrastrutture e opere pubbliche, occupandosi nel contempo del reddito invece che del patrimonio. Alcuni documenti erano stati preventivamente canalizzati. Dalle indicazioni per modificare il codice degli appalti al libro bianco della fiscalità immobiliare, dalla congiunturale del centro studi alle note su eco sisma bonus, fino alle questioni inerenti il consumo del suolo e i fondi di garanzia. Un bel lavoro.

Poi sono incominciate le audizioni. Da quel momento, le amarezze. Appuntamenti innumerevoli, specialmente al Senato, con uomini di partito novelli o navigati, ai quali illustrare con dovizia di dettaglio tecnico e politico il perché di che cosa, il motivo della nota, il significato della norma, il valore della modifica, il concetto dietro al quale si costruiva un interesse generale e per esso, la relativa regola. Mai come lo scorso anno Presidente e Vice Presidenti nazionali, unitamente ai dirigenti e funzionari di struttura, hanno mai abbandonato il presidio, la costanza e la presenza. Incontri a tutte le ore, più giorni della settimana, documentazioni, invio di relazioni, mail che giravano, commenti ed allegati. Amarezze, si diceva.

Ogni ora che passava si percepiva che qualsiasi sforzo, qualsiasi contenuto, sarebbe stato debole, non sorretto politicamente. A parte qualche lungimiranza sparuta, a mano a mano che il tempo passava si delineava chiaro un evidente percorso: non passa niente! La lobby deve capire che non esiste! Il contratto di governo è priorità. E pazienza se dagli originari 15 miliardi di euro in tre anni per Infrastrutture si sia passati prima a 3,6 miliardi per effetto dei vincoli UE, per poi scendere a 550 milioni (un importo con il quale forse, se tutto va bene, si cambiano le maniglie nelle scuole italiane). Pazienza se le proposte di norme innovative sui megatrend di mercato siano troppo ambiziose rispetto al bilancio dello stato. Pazienza se a fronte di ipotetici rischi di copertura non si sia deciso di fare esplodere il reddito, con conseguente incremento del gettito.

L’importante era garantire le promesse e le mance elettorali, correre dietro al reddito di cittadinanza, la flat tax e quota 100, in legge di stabilità oppure con decreto successivo. Così è stato fatto. La mortificazione del lavoro di struttura, la mortificazione del correre a destra e sinistra dei Vice Presidenti. Risultato: una legge di bilancio vuota o poco meno. Pochi interessanti provvedimenti per il reddito, lo sviluppo. E poi, a Gennaio 2019, ISTAT che conferma i dati di recessione, una mannaia su tutto e tutti, Governo compreso, interprete ora di un siparietto non del tutto rispettoso della intelligenza dei cittadini: da un Vice Premier che inneggia al Boom economico (ma dove lo vede, ti prego, aiutaci a vederlo anche a noi), al Premier che recentemente in Assolombarda in un incontro semi-ristretto (la stampa era collegata in webinar) ha lodato le doti dell’esecutivo e della legge di stabilità, promettendo che tutto quello che non c’è lì dentro è in arrivo (e allora, ci chiediamo, perché non si poteva infilare li dentro…). Di stare tranquilli, che la colpa non è loro (alla fine la colpa è sempre di altri); che tra otto o nove mesi sarà tutto bellissimo, fioriranno gli alberi, canteranno le cicale, i cantieri non si conteranno più tanti ce ne saranno… e tutti vivranno felici e contenti. Peccato che in otto o nove mesi di recessione, signori miei, SI MUORE. Le aziende, già depauperate, muoiono.

 Alla fine, Parlamento e Parlamentari, Vice Premier e Premier… Sembra proprio l’interlocuzione con nessuno. Una ennesima, grande delusione. Adesso sembrerebbero esserci promesse, ipotesi, prospettive. Vedremo se saranno promesse o brutte sorprese, come abbiamo sempre fatto. Poi riferiremo alla base esasperata. Pur nella consapevolezza che l’interlocuzione con nessuno sia un esperimento che difficilmente può sortire risultato, occorre essere sufficientemente realisti per trarre però da tale circostanza alcuni insegnamenti di carattere generale e che riguardano il futuro associativo e la modalità di organizzare, pensare, costruire e realizzare la lobby a beneficio della rappresentanza. Anzitutto risolvere il tema della interlocuzione con nessuno.

In effetti una modalità diversa di proporsi e un rinnovamento di immagine è quanto di più auspicabile si debba proporre un sistema associativo, sia a livello locale che a livello nazionale. Per troppi anni, non è questo “Governo del Cambiamento” ad avere dato la prima sterzata (ricorderete le difficoltà con il Governo Renzi con Confindustria, Sindacati e perfino ANCE, pur condotta ai tempi da un “gigante” della rappresentanza), i sistemi associativi si erano connotati quali gruppi organizzati per tutelare sterilmente interessi corporativi diretti, basati sulla osservazione dei problemi sul piano squisitamente tecnico, anche da un punto di vista regolatorio, insistendo tenacemente sulla integrazione, modificazione, abrograzione o inserimento di questa o quella norma. Concentrandosi così, io penso che si sia tralasciata nel tempo la priorità di ricercare una visione ampia e strategica, un approccio di politica industriale di paese e di settore, partendo, però, dall’interesse dei cittadini, non più da quello delle imprese. In questo io credo che ci sia necessità di valutare con rigore, prima di tutto, la riorganizzazione delle menti, degli uffici e della comunicazione.

ANCE, comunque declinata, nazionale o sui territori o regioni, deve diventare una associazione più vicina alle persone. Deve conoscere e interpretare i bisogni della domanda, sia essa di infrastrutture, servizi, territorio, ambiente, clima. Deve interpretare i megatrend con maggiore profondità, farli diventare i propri mantra dello sviluppo associativo e propri mantra nel rapporto con le istituzioni. Più che una associazione industriale, deve diventare una infrastruttura di conoscenza ed approfondimento del mondo a beneficio della gente e della politica, del legislatore, del presente e del futuro, indicando le strade migliori a beneficio delle persone. Più che in contrapposizione al territorio, all’ambiente ed al clima, dovrebbe diventare una associazione aderente ai movimenti ambientalisti, ragionando con rigore tra necessità di tutela e salvaguardia, alla indiscussa necessità di lavoro e di sviluppo. Una specie di “Associazione Consumatori” rivolta alla industria delle costruzioni, individuando le strade dello sviluppo alle quali consegnare al sistema delle imprese la piattaforma delle opportunità richieste dal Paese.

Dobbiamo scendere dal piedistallo del monumento, oggi drammaticamente simile a un monumento ai caduti e scendere nella piazza affollata per parlare con le persone, chiedendogli cosa si aspetterebbe da noi, rispetto alle proprie necessità, ai propri bisogni. Una rivoluzione che non rifiuti o calpesti il passato e la storia di conoscenza dei mercati e delle analisi alle quali oggi la struttura è abituata, integrando le proprie tradizioni ad un mutato rapporto con le Istituzioni e con la gente. Un avvicinamento che parta dal basso, sia ricco di contenuti e metta a disposizione da subito la capacità di trasferire le necessità del futuro e le aspettative dei cittadini, che osservi il mondo e le sue trasformazioni, che riporti gli argomenti e i temi sui quali valga la pena di rivoluzionare il domani, attraverso il mestiere, il lavoro e la professione più bella del mondo, che è ancora, indiscutibilmente, la nostra.  

Marco Dettori, Presidente, Assimpredil Ance

Febbraio 2019


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Autore: Marco Dettori

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