Sicurezza è il futuro 2018 numero 11

Acrobati senza rete

Dal Presidente

La sicurezza non si compra

Acrobati senza rete

Quando ero alle prime armi e iniziavo il mio percorso professionale prima ed imprenditoriale poi, conobbi una moltitudine di persone che svolgevano da una vita il mio lavoro e approcciavano con un certo disappunto, ma con altrettanta serietà e approfondimento, il tema della sicurezza in cantiere, in virtù di una serie di norme cogenti che stabilivano procedure, regole, manuali, figure, responsabilità e responsabili.

Parliamo di 25 anni fa: poco più di un terzo statistico di vita di una persona, metà della vita professionale di un imprenditore, se tutto va bene...

Il mio Maestro, con il quale condivido ancora molto del mio percorso di lavoro e di Azienda, un uomo che fin dagli anni cinquanta ha vissuto nei cantieri di mezzo mondo, mi ha sempre detto: “Caro Marco, la sicurezza in cantiere non la compri; la sicurezza in cantiere o ce l’hai o non l’avrai mai, neppure se saranno altri a organizzarla”.

Che cosa intendeva dire, con queste parole il grande tecnico che mi accompagna nella battaglia quotidiana della vita di impresa? Rispondere è tanto delicato, quanto complesso, perché dagli anni cinquanta a oggi sono mutati i tempi, si sono modificate le relazioni, sono variate le abitudini, le comunicazioni. La tecnologia si è accompagnata a un certo decadentismo, si sono esasperate le tempistiche, la reperibilità; le relazioni sono basate sull’immediatezza, l’approfondimento spesso oggi è un optional. Chi invece è nato e cresciuto in cantiere e ha lavorato in un contesto complesso e in stagioni di grande crescita e sviluppo sa che le risorse umane, i tecnici e gli operai sono sempre stati la necessità fondamentale sulla quale puntare e le loro condizioni di lavoro il presupposto del successo e della crescita dell’impresa, della produzione, del prodotto. Ogni compressione ha sempre ridotto il perimetro tra capacità organizzativa e obiettivo, alle volte migliorando, altre, indiscutibilmente svilendo. È forse questo che voleva trasmettermi Paolo Mazzalveri, con quella frase che ancora oggi ricordo, difficile da sostenere ai tempi nostri, dove le norme, i decreti, le procedure, la modulistica e le responsabilità pervadono trasversalmente qualsiasi processo produttivo, in una dimensione tanto codificata quanto ossessiva, e talvolta c’è davvero da chiedersi se la ridondanza delle procedure talvolta non sacrifichi le necessità invece di quanto occorra in cantiere e non sottragga invece risorse reali alle necessità di sicurezza delle persone, qualificando figure e soggetti che alle volte sono investiti di responsabilità, senza nemmeno calarsi nella realtà produttiva, travolti di nomine stando in ufficio, dotandosi di consulenti legali per parare nella eventualità il colpo che imperizie e leggerezze di altri possano sempre far ricadere su di loro rischi e pericoli, azioni o condanne.

In un processo virtuoso, la sicurezza dovrebbe essere un elemento di garanzia a favore del committente e dell’impresa. Anche la struttura delle norme che la regolano, in effetti, ha come obiettivo la messa a disposizione di risorse, che esulano o dovrebbero esulare dal costo della produzione, e che favoriscono la realizzazione dell’obiettivo di generare un ambiente protetto da rischi, da pericoli, sia di chi lavora sia dei terzi. L’evoluzione del mercato non sempre, però, garantisce questo obiettivo nobile per il quale prima le abitudini e poi le norme sono intervenute con quello scopo. Intanto siamo molto lontani da una consapevolezza diffusa di come la attività edilizia sia una attività pervasa da rischi. Tutti i cittadini, prima o poi, sono stati, sono o saranno committenti. Eppure se li intervistassimo e gli chiedessimo cosa pensano in proposito, sono convinto che ne sentiremmo delle belle. Non credo di commettere gravi errori di stima nel dire che almeno il 99% delle persone non sia a conoscenza di cosa è un PSC, cos’è un POS, quale è il ruolo del CSP o del CSE, del RSPP, RLS e del RDL. Se parliamo dei cittadini, l’ignoranza è molto probabile, ma se allargassimo genericamente ai committenti anche più e meglio organizzati forse ci accorgeremmo desolatamente che la redemption non sarebbe granché diversa….

Perché nella declinazione delle norme e dei regolamenti il tema “sicurezza”, e forse questo è il punto, non è un elemento che rientra nell’ambito del processo produttivo. È una procedura e una attività che lo accompagna, ma non si integra, non ne fa mai veramente parte fino in fondo. Oggi la sicurezza può essere totalmente esternalizzata. Con tutto ciò che ne deriva nei processi organizzativi di impresa. Essere pienamente consapevoli di norme, rischi, responsabilità, nel nostro mercato è molto critico. Essere padroni della materia in azienda lo è ancora di più. Un tempo, si diceva, avevi nel sangue, nel DNA, la questione della sicurezza, pur con la metà degli strumenti, dei dispositivi e delle attrezzature alla avanguardia che ci sono oggi. Se facessimo una statistica sulla media delle Imprese edili iscritte alle Camere di Commercio garantendo l’anonimato degli intervistati, sono sicuro che ci sentiremmo dire che il tema sicurezza è un orpello, una attività che ti allontana dal mercato, un costo che non viene riconosciuto, una attività che non restituisce valore all’impresa. Se chiedessimo quanti seri consulenti esterni si muovono in questo ambito a beneficio delle imprese probabilmente i commenti sarebbero incredibili: persone per la maggioranza incompetenti, parassiti dell’edilizia, produttori di carta e procedure inutili, fantasmi…

E allora, come fare a integrare veramente i processi relativi alla sicurezza? La legge in questa materia è molto rigida e rigorosa. Il D.Lgs. 81/08 non è affatto uno scherzo. Poche risposte, a dire la verità, rispetto a un mercato così frammentato e polverizzato. Prima di tutto ancora una volta un ritardo strutturale (anche del nostro sistema di rappresentanza) rispetto alla esigenza di una normativa di settore sulla qualificazione delle imprese nel mercato privato. Un po’ di sana autocritica bisogna sempre farla, e ogni tanto guardarsi alla specchio denuncia segni che in apparenza non sono evidenti, ma che dovrebbero sollecitare una riflessione. Gli imprenditori sono oggi quasi tutti nelle mani di consulenti, ma comunque senza una loro esenzione da responsabilità. Sono lontani dalla consapevolezza dei rischi, delle conseguenze. Certamente non sono soggetti che agiscono con dolo, ma che sono investiti da una colpa davvero difficile da scrollarsi di dosso in caso di incidente. Uomini che corrono, brigano, forcano. Acrobati senza rete. Poche soluzioni per tutti questi acrobati. Lavorare per sensibilizzare, comunicare, informare e preparare. Lavorare per qualificare, crescere, migliorare. Lavorare per organizzare e formare.

Questo il compito delle associazioni datoriali e sindacali delle ATL e delle Prefetture, dell’INAIL. E, permettetemi, anche ruolo del committente pubblico che spesso sulla sicurezza sorvola per esigenze di budget. In questo il nostro sistema bilaterale è all’avanguardia e rappresenta una infrastruttura disponibile a tutte le imprese iscritte in Cassa Edile, che sono ancora tante, ma che nel nostro territorio stanno diminuendo di numero e di lavoratori, ma crescendo per massa salari, quindi tendenzialmente per dimensione, fatturato e ore lavorate. Una circostanza, questa, che ci fa correre l’obbligo di un approfondimento, di una verifica sul taglio del servizio e sulla attualità dei corsi e degli aggiornamenti. Un lavoro serio che trasformi tutti quanti in soggetti responsabili e consapevoli, che traguardi l’incertezza e l’ignoranza e che componga la rete al di sopra della quale essere acrobati nel mercato renda meno probabile il rischio di schiantarsi al suolo.  

Marco Dettori, Presidente, Assimpredil Ance

Aprile 2018

 


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Autore: Marco Dettori

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