Piena crisi? 2013 numero 37

5 patologie del sistema Paese

Dal Presidente

Non potrà esserci una crescita reale e duratura se non se non sarà a breve individuata una soluzione ...

5 patologie del sistema Paese

Il settore delle costruzioni continua ad attraversare una fase di recessione che dura ormai da sei anni.

I numeri di questa crisi sono noti: non c’è bisogno di ricordare che, a livello nazionale, il settore, dal 2008 al 2013, ha perso circa il 30% degli investimenti e si colloca sui livelli più bassi degli ultimi 40 anni, con una continua erosione dei livelli di produttività. I posti di lavoro persi nelle costruzioni dal 2008 ad oggi sono ormai quasi 450.000, e diventano 690.000 se consideriamo anche l’indotto, con un aumento vistoso delle ore di cassa integrazione guadagni relativa agli operai, che passano da 40 milioni del 2008 a 140 milioni circa alla fine del 2012.

È vero, peraltro, che sia per il settore delle costruzioni che per l’intero sistema economico italiano molti indicatori evidenziano, almeno a partire dal prossimo anno, timidi segnali di ripresa, che pur si presenterà lenta, graduale e insufficiente: si profila per gli anni a venire un orizzonte di stabilizzazione molto lungo, tale da far intravedere un raggiungimento del livello di reddito pro-capite pari a quello che si misurava nel 2007 soltanto a partire dal 2018.

Ma se è certo che i deboli segnali di inversione del ciclo sono molteplici, è altrettanto certo che non potranno generare una crescita reale e duratura se non se non sarà a breve individuata una soluzione ad alcune patologie strutturali del sistema Italia.

Ne abbiamo identificate 5:

Spesa pubblica e spesa corrente

La prima e la più grave patologia riguarda  la spesa corrente che continua ad erodere le risorse necessarie per gli investimenti e i servizi essenziali per la collettività, con un effetto devastante sotto il profilo dei conti pubblici e del degrado territoriale.

Per rispettare il patto di stabilità interno, gli Enti locali, e non solo, hanno agito prevalentemente sulla spesa in conto capitale, bloccando i pagamenti alle imprese, anche per lavori eseguiti, pur in presenza di risorse disponibili di cassa.

Bisogna, dunque, intervenire sul patto di stabilità in forma più incisiva e, in attesa che da Bruxelles si provveda a una revisione dei termini del patto europeo, è necessario introdurre una regola che salvaguardi la componente di investimento nei bilanci delle amministrazioni pubbliche interessate.

Credito alle imprese e alle famiglie

Una seconda patologia riguarda il rapporto tra economia reale ed economia finanziaria. Negli ultimi 5 anni la riduzione dei finanziamenti al settore delle costruzioni per il comparto abitativo è stata di quasi il 50% e di oltre il 60% nel non residenziale.

Il protrarsi della fase ciclica negativa aumenta le sofferenze delle imprese, si abbassa così il rating e cresce la rischiosità, l'accesso al credito è più limitato e ristretto, e venendo a mancare il credito aumentano le sofferenze. Così non c'è via di uscita. Le banche devono tornare a fare le banche.

I Fondi previsti dal Governo sono un'altra risposta nella giusta direzione, ma bisogna che si vigili sui meccanismi finali di erogazione per capire subito cosa non funziona ed evitare di incagliare uno dei pochi aiuti concreti.

Sistema fiscale

Il peso fiscale sull'attività di impresa è insostenibile. L'IMU è solo uno dei problemi, i nodi sono alla radice della presenza di un fisco esoso, complesso e cieco che assorbe risorse e non restituisce servizi utili alla competitività delle imprese.

Servono ora misure shock di immediato impatto sulla domanda e sui consumi.

Questa è la priorità dell'azione fiscale per il nostro settore perché se non riparte la domanda non c'è mercato e le imprese non sono nelle condizioni di poter investire e assumere, anche in presenza di sgravi fiscali sui redditi da lavoro.

Burocrazia e semplificazioni

Uno Stato non in grado di governare la burocrazia e la gestione della res publica è destinato al fallimento.

Snellimento e semplificazione non sono solo problemi legati alla produzione normativa, sulla quale molto ci sarebbe da dire anche solo contando i decreti attuativi che ogni legge si trascina dietro o le pagine di Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia dedicate in questi ultimi 5 anni all'urbanistica.

Sono problemi che non finiscono con la pubblicazione in Gazzetta della legge, magari anche ben scritta e comprensibile, ma che richiedono un presidio a cascata e la volontà dei successivi livelli di governo della cosa pubblica di attuare le norme di semplificazione non come solo un atto formale di adempimento, ma come atto sostanziale di rinnovamento.

Molti problemi nascono anche dalla difficoltà di capire e interagire correttamente con un apparato burocratico così complesso da non sapere, esso stesso, come muoversi. Una giungla che, alla fine, soffoca tutti quelli che cercano di percorrere le strade maestre e facilita chi le aggira.

Lavoro e concorrenza

La quinta patologia riguarda le distorsioni della concorrenza legate al costo del lavoro, distorsioni che nel settore delle costruzioni stanno assumendo caratteri sempre più preoccupanti.

Nelle province di Milano, Lodi e Monza Brianza, dal maggio 2012 al maggio 2013, abbiamo perso l'11,8% dei lavoratori e l'11,9% delle imprese; le ore lavorate sono scese del 16% e quelle di Cassa Integrazione Guadagni sono salite del 54%. In 12 mesi siamo scesi da 55.832 lavoratori iscritti in Cassa Edile a 49.861, a cui va aggiunto un significativo decremento inerente le figure di impiegati, quadri e dirigenti, oltre ai lavoratori dell'indotto e dei settori collegati, nonché ai professionisti.

Eppure a Milano, nel nostro territorio, ci sono i grandi lavori infrastrutturali della Pedemontana, della Tangenziale Est, della BREBEMI, delle Vie d'acqua, della Rho-Monza, per citare solo alcuni interventi, e c'è l'EXPO.

Cosa sta succedendo? Credo che non sia solo un problema legato alla crisi del settore e ad una esasperata concorrenza di imprese italiane non milanesi che oggi operano nel nostro territorio. Credo, invece, che stia avvenendo un vero e proprio processo di delocalizzazione produttiva che assume nell'edilizia caratteristiche peculiari e difficili da quantificare.

Non potendo produrre le case e le infrastrutture all'estero, per poi importarle in Italia a prezzi insostenibili per il nostro mercato, si "importano i lavoratori" attraverso l'istituto del distacco internazionale, in particolare da Paesi dell’Est.

Ben venga la libera circolazione di merci e persone nell'Unione Europea, ma va fatta chiarezza e deve esserci la consapevolezza degli effetti.

Le problematiche connesse al lavoro nel mercato delle costruzioni non sono finite e oltre ai fenomeni di elusione contributiva cresce il numero delle imprese che applicano contratti di lavoro meno costosi di quello dell'edilizia, operando anche essi sul filo della legalità.

Un mercato che continua a giocare la sua competitività sul ribasso e sugli sconti esasperati è un mercato in cui noi non vogliamo operare, ma che non riusciamo da soli a contrastare.

Le imprese sane, radicate sul territorio, che vogliono crescere, investire in qualità e innovazione di processo e di prodotto, e che vogliono rinnovarsi hanno bisogno che il loro impegno e i loro sforzi siano sostenuti da un sistema Paese che sappia garantire le condizioni per poter lavorare e competere.

Per questo, affrontare le patologie sopra elencate, seriamente e in tempi rapidi, coerenti con i tempi dell’impresa, è conditio sine qua non per uscire dalla crisi e sperare in una ripresa economica e in una nuova crescita sociale culturale e territoriale da costruire insieme.

 Claudio De Albertis, Presidente Assimpredil Ance


Ti è piaciuto l'articolo?
Autore: Claudio De Albertis

TAGS: Burocrazia, Concorrenza, Credito, Crisi, Lavoro, Sistema fiscale, Spesa corrente, Spesa pubblica, Tasse

© 2024 - Assimpredil Ance - Credits - Privacy