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Un doppio mandato

Senza Pericolo 2013 numero 36

Questo numero di Dedalo, ultimo cartaceo, scorre su un doppio registro: da una parte i temi legati alle condizioni di sicurezza...

Un doppio mandato

Questo numero di Dedalo, ultimo cartaceo, scorre su un doppio registro: da una parte i temi legati alle condizioni di sicurezza dove si svolge la nostra attività, nel caso specifico il can¬tiere, dall’altro i pesanti temi legati alla crisi strutturale che il settore delle costruzioni sta vivendo. Non è certo un caso che le due cose convivano nello stesso numero, destinate spesso una ad alimentare il malessere dell’altra; sottolineando il fatto che il settore delle costruzioni determina il 18% del PIL del paese va da sè che la sicurezza dei nostri cantieri diventi un fatto determinante, un termometro su cui si misura la qualità del fare impresa e la possibilità di progresso se non addirittura di crescita. In queste pagine abbiamo raccolto le testimonianze di imprenditori, presidenti, ispettori, coordinatori della sicurezza, formatori, curatori. Forse non abbiamo raccolto le testimonianze dei più deboli, quelli che la mancanza del rispetto delle regole o la crisi devastante sta spazzando via, gli invisibili, che trovano accesso al mercato solo sottoscrivendo patti ai limiti della legalità o dignità. Però intanto abbiamo raccolto le testimonianze di chi ancora crede nella rete di questo territorio e delle imprese che vi sono cresciute e continua ad investirci nonostante tutto. Un primo scenario si sta delineando: di fronte a noi i temi della complessità del mercato si fanno sentire forti e questo vale sia per le imprese che per i professionisti che per i costruttori di componenti che per i formatori di tutta la rete. Di quali temi parliamo? Sono i temi della nostra atavica carenza infrastrutturale, tutti i rinnovati temi ambientali, quelli legati alla riconversione ed alla sostituzione edilizia e quelli sempre più spingenti di una manifattura che va scemando delineando nuove geografie del lavoro che necessitano di riforme che tengano conto delle nuove componenti e delle nuove richieste ma anche di nuove forme di aggregazione per lo scambio e produzione. Non sono temi da poco, richiedono competenze straordinarie, non tollerano l’inerzia di un pensiero o la sua incapacità di rinnovarsi in tempi rapidi con lungimiranza. L’impresa che saprà governare questa complessità sarà quella che esce dalla crisi. E nel contempo l’impresa che saprà mettere la centralità del lavoratore al centro del processo edilizio sarà quella che avrà fatto con la propria salvezza un processo di accrescimento della sua qualità. Un doppio mandato è dato alle imprese del nostro territorio: la salvezza delle aziende a sè collegate e satelliti, la salvezza dei suoi fornitori, dei suoi artigiani, del know how che hanno accumulato e rinnovato negli anni ma anche la capacità di innestare nuovi processi industrializzati per il rinnovamento dei suoi prodotti. Questo dovrebbe essere l’orgoglio delle imprese e dei professionisti di questo territorio, su questo patto di qualità dovremmo stringerci, questo dovrebbe essere il senso collettivo di rinnovamento che esclude chi invece impegna l’ingegno nel tentativo di cavalcare anomalie al confine legislativo per ottenere benefici economici. Furbizie apprezzate in un mercato che non conosce più né il valore dell’etica, né l’orgoglio di un lavoro ben eseguito e che non è il mercato che vogliamo in questo territorio. Su questo va fatta una profonda selezione dei soggetti. Le imprese ed i professionisti che sapranno stringersi in questo patto ripensando a processi e prodotti nelle regole di un fare sempre in rinnovamento ma costante nel riconoscimento dei valori etici e propri del mondo dei lavoratori e delle costruzioni sopravviveranno, per gli altri non ci sarà spazio. E’ un problema di imprenditorialità sia della massa che del singolo, è un problema di costante educazione ai valori ed alle regole del buon fare e del loro riconoscimento in una lobby, se vogliamo chiamarla così, riformista con determinatezza. In queste pagine tutti i soggetti hanno dimostrato un orgoglio del proprio fare e tutti hanno riconosciuto la propria responsabilità mettendo a disposizione le proprie competenze per rivedere accordi, processi, temi al di là del singolo tornaconto per un disegno che può farci uscire dalla crisi. L’innovazione è il motore economico principale dei paesi industrializzati. Il nostro territorio racchiude le competenze migliori in ambito costruttivo del paese. Da qui, da noi dobbiamo ripartire.


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Autore: Cecilia Bolognesi

TAGS: Innovazione, Progresso, Sicurezza


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