Le analisi

Fuori sagoma a Milano

Costruire senza consumo 2012 numero 33

Milano ha un nuovo strumento urbanistico generale e tutti gli operatori del settore auspicano che...

Fuori sagoma a Milano


L’entrata in vigore del PGT a Milano. Alla ricerca della stabilità

Come tutti sanno il 21 novembre 2012, sul BURL Serie Avvisi e Concorsi n. 47, è stato pubblicato l’avviso di approvazione definitiva e deposito degli atti costituenti il Piano di Governo del Territorio del Comune di Milano. Milano ha quindi un nuovo strumento urbanistico generale e tutti gli operatori del settore auspicano che la sua entrata in vigore preluda finalmente ad un periodo di certezze e di stabilità operative.

Chi si occupa di governo del territorio e di promozione immobiliare sa infatti che, più della crisi, ciò che affossa le iniziative edilizie sono le lungaggini burocratiche e l’incertezza normativa. La questione del cosiddetto “fuori sagoma” è un fulgido esempio di disordine giuridico e pratico i cui danni cagionati al settore immobiliare nessuno potrà mai calcolare.


La SLP esistete è fatta salva

Prima del 23 novembre 2011 in Regione Lombardia le categorie dei diversi interventi edilizi (in particolare il risanamento conservativo e la ristrutturazione edilizia) venivano “estesi” oltre i limiti fissati a livello nazionale.

In sostanza venivano qualificati come risanamento conservativo interventi di ristrutturazione edilizia e come ristrutturazione edilizia interventi di nuova costruzione. In particolare, l’estensione oltre misura del concetto di ristrutturazione edilizia permetteva di demolire edifici esistenti e di ricostruirli con sagoma e sedime diversi senza dover qualificare l’intervento come nuova costruzione.

Questo era molto importante perché le norme tecniche di attuazione del Piano Regolatore Generale obbligavano, in caso di nuova costruzione, a rispettare gli indici edificatori della zona anche a discapito della volumetria esistente. Come è noto la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 309 del 23 novembre 2011 ha dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 27, comma 1, lettera d), ultimo periodo, della legge della Regione Lombardia 11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio), “nella parte in cui esclude l’applicabilità del limite della sagoma alle ristrutturazioni edilizie mediante demolizione e ricostruzione”. Questa sentenza ha generato un caos amministrativo, sia per gli interventi già eseguiti, sia per quelli in corso di realizzazione ed anche per quelli richiesti successivamente.

Ci sono stati momenti nei quali anche una minima modifica della sagoma in un intervento che peraltro non prevedeva demolizione integrale e ricostruzione, ma una semplice ristrutturazione edilizia magari con traslazione di S.L.P., sembrava vietata perché non rispettava gli indici di zona. La Regione Lombardia ha provato a rimediare allo stato confuso con l’articolo 17 della legge regionale n. 7/2012 che, da una parte ha riformulato l’articolo 27 della legge regionale n. 12/2005 e, dall’altra, ha introdotto una norma transitoria che dovrebbe salvaguardare gli interventi in corso.

Con l’entrata in vigore del PGT viene oggi sbandierato ai quattro venti che questo problema non esiste più perché la S.l.p. esistente è sempre fatta salva. E difatti, l’articolo 6 delle norme di attuazione del Piano delle Regole stabilisce al secondo comma che “Sono sempre fatte salve le S.l.p. esistenti, regolarmente assentite e per le rispettive destinazioni d’uso ad eccezione dei casi di cui al precedente art. 5 comma 4 lett. a1., che comportano cambio dì destinazione d’uso da funzioni urbane produttive verso altre funzioni urbane. Qualora l’indice di Utilizzazione territoriale unico generi una S.l.p. inferiore a quella già realizzata, esso è compreso nella S.l.p. esistente”.

Sembrerebbe quindi che, con l’unica eccezione del cambio d’uso da produttivo ad altre funzioni urbane su aree maggiori di 5000 m², tutti gli interventi in qualche modo incidenti su un edificio preesistente (quindi anche una demolizione e successiva ricostruzione che non rispetti la sagoma e che pertanto si è qualificata come nuova costruzione) possono in ogni caso far salva la S.l.p. esistente traslandola a piacimento.

Ci permettiamo soltanto di sottolineare come in realtà il testo citato non sia proprio così Milano chiaro come si vuol far credere. A nostro avviso sarebbe stato più opportuno precisare che l’indice di edificazione (territoriale o fondiario) è sempre determinato dal maggiore tra quello attribuito all’ambito territoriale di riferimento (ad esempio 0,35 m²/m²) e quello determinato dal calcolo della S.l.p. esistente rispetto all’area di intervento.

Comunque, secondo questa corrente di pensiero, abbastanza diffusa, la qualificazione dell’intervento non rileverebbe più per capire se si può utilizzare ancora tutta la S.l.p. esistente oppure se si deve applicare l’indice edificatorio del PGT. La tipologia di intervento naturalmente rimarrebbe un dato essenziale per tutti gli altri aspetti del procedimento amministrativo, ivi compreso il calcolo degli oneri di urbanizzazione.


Fuori sagoma e norme morfologiche

Gli interventi che comportino una variazione della sagoma (sia qualificati come ristrutturazioni edilizie che come ampliamenti o nuove costruzioni) incontrano un nuovo limite nel PGT dettato dalle norme morfologiche. Si tratta di norme introdotte in via generale per larghe parti della città a tutela dichiarata della qualità architettonica e degli sviluppi urbanistici connessi ai precedenti piani regolatori. Si pensi ad esempio agli edifici a cortina che devono adeguarsi alla linea di altezza dell’edificio più basso presente nella cortina.

Eventuali deroghe alle norme morfologiche sono bensì ammesse mediante il convenzionamento di un progetto planivolumetrico ma, nell’ultima versione approvata nel PGT, soltanto dimostrando l’impossibilità di rispettare le norme stesse. Cosa voglia dire e come si possa dimostrare l’impossibilità di rispettare una norma morfologica (quanto meno la norma viene sempre rispettata rinunciando a fare l’intervento) e chi sia l’ufficio deputato a valutare tale impossibilità (Commissione per il Paesaggio oppure Uffici Tecnici) non è specificato nel PGT.

Attendiamo quindi fiduciosi che l’Amministrazione provveda quanto prima a chiarire questo ed altri aspetti ancora non del tutto chiari del nuovo strumento urbanistico, ribadendo il convincimento che la ricerca della stabilità normativa, della chiarezza delle norme e dell’uniformità delle interpretazioni sono la base e la speranza del nostro settore.

Antonio Belvedere e Jacopo Brambilla Sica - Avvocati


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Autore: Antonio Belvedere, Jacopo Brambilla Sica

TAGS: norme, PGT, sagoma

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