Le analisi

Finanziare il rilancio

Le banche, noi 2015 numero 41

Secondo un luogo comune in Europa, ma soprattutto in Italia, gli investimenti nella crescita e nello sviluppo stentano a decollare in mancanza di risorse...

Finanziare il rilancio

Secondo un luogo comune in Europa, ma soprattutto in Italia, gli investimenti nella crescita e nello sviluppo stentano a decollare in mancanza di risorse: non ci sarebbero soldi. Le banche hanno ridotto i finanziamenti per l'economia reale, questo è una realtà, ma affermare che non ci siano i capitali non è propriamente vero. In Italia, secondo quanto rilevato dalla Banca d’Italia nel dicembre 2014 ne “La ricchezza delle famiglie italiane – anno 2013”, le famiglie vantano 8.728 miliardi di euro di ricchezza finanziaria, di cui il 60% in attività reali e il 40% in attività finanziarie. Non è vero dunque che la ricchezza non ci sia, la realtà ci dice che è mal distribuita ed è ancora peggio investita: meno del 10% di questi importi va a finanziare le imprese italiane e lo sviluppo economico. Purtroppo l’economia reale, quella prodotta dalle nostre imprese, quella che produce beni e servizi è in declino in quasi tutta Europa, dove è pensiero comune che i governi abbiano agito in primis ed a lungo per salvare le banche: quanti dei prestiti effettuati dalla Bce alle banche italiane, prestiti a bassissimo tasso e perciò a buon mercato, sono tornati alle imprese ed alla produzione?

Un aiuto dai governi centrali per il rilancio dell’economia reale lo si potrebbe avere: come deterrente alla speculazione con l'imposizione di un sistema di tassazione delle transazioni che avrebbe un effetto rilevante sul costo dei movimenti speculativi e debole o nullo sulle transazioni di beni; come incentivo all’economia reale, la Banca Centrale Europea ha ora già deciso di condurre per un periodo di due anni una serie di operazioni mirate di rifinanziamento a più lungo termine chiamata TLTRO, Targeted Longer-Term Refinancing Operations, con l'obiettivo di migliorare l’erogazione di prestiti bancari a favore del settore privato non finanziario.

Dato che gli strumenti sembrano esserci, stiamo parlando allora di come le imprese possano tornare ad essere un soggetto appetibile per chi eroga il credito, più appetibile rispetto ad una rapida transazione economica di paese in paese o ad un movimento di capitali da istituto ad istituto.

L’erogazione del credito da parte delle banche alle nostre imprese può avvenire secondo differenti considerazioni, ma sicuramente la valutazione dei trascorsi passati di un’organizzazione aziendale è un fattore determinante nella stima della possibilità di concessione di finanziamento: spesso l’impresa è vissuta come recidiva, condannata nell’immaginario dell’istituto di credito a ripetere sempre i propri errori strategici e non viene ammessa l’ipotesi che la sua strategia possa migliorare, magari alla luce di un cambio della governance o delle mutate condizioni di sviluppo di un territorio dove opera.

Nelle condizioni attuali invece, la vitalità delle imprese odierna, imprese che hanno passato i momenti più bui, è un fatto all’ordine del giorno e ne va tenuto conto; il settore delle costruzioni e tutta la filiera stanno affrontando un’accelerazione in termini di innovazione dovuta al cambio di strumentazione informatica, alla necessaria trasparenza dei processi, alla concorrenza a tutti i livelli che sprona ad ottimizzare ogni passo ed è impensabile un’attitudine distratta da parte degli istituti di credito rispetto a nuovi progetti imprenditoriali in sé; è necessaria una capacità di valutazione sulla concretezza realizzativa dei progetti in sé, caso per caso, ovvero la capacità tecnica, finanziaria ed economica dell’operazione di produrre un flusso di reddito nel futuro. In questo meccanismo di soggetti potenzialmente virtuosi, da chi eroga il credito, a chi lo richiede, il convitato di pietra rimane il mercato o meglio le condizioni della domanda; in maniera più specifica potremmo sostituire questo soggetto con la politica fiscale a sostegno di una domanda.

La competitività dei territori nei quali le imprese vanno ad operare non è una questione astratta; ora il cambio di passo serve qui dove decisioni fiscali a differenti livelli territoriali e regolamenti locali possono determinare la capacità di attrarre investimenti e diventare il terzo attore di una politica di sostegno all’economia reale che tutti auspichiamo.

 

Cecilia Bolognesi, Direttore responsabile

 


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Autore: Cecilia Bolognesi

TAGS: banche, finanziamenti, Imprese, investimenti, TLTRO

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