I commenti

Colmare le lacune

Fuga dalla crisi 2013 numero 38

Sono passati otto anni dalla pubblicazione del DLgs 163/2006 e ben venti dalla L. 109/94...

Colmare le lacune

La Validazione

Sono passati otto anni dalla pubblicazione del DLgs 163/2006 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture) e ben venti dalla L. 109/94 (la allora “Nuova legge quadro in materia di lavori pubblici”, più comunemente conosciuta come Legge Merloni) che introduceva nel nostro sistema di realizzazione delle opere pubbliche il concetto di “verifica del progetto” (art. 30 comma L. 109/94) ai fini della “validazione”.

Sulla spinta del ciclone provocato dall’inchiesta “mani pulite”, che aveva messo in evidenza inefficienze e mal gestione della cosa pubblica, alla fine del 1992, nasceva l’urgenza di un riassetto della normativa preesistente che riconducesse la gestione delle opere pubbliche a criteri di trasparenza ed efficienza. La Legge Merloni ridisegnava così l’articolazione del processo edilizio introducendo, per la prima volta nella normativa cogente italiana, i temi della qualità e del controllo, da tempo teorizzati e già presenti in altre normative europee.

Il Legislatore tradusse quindi in regola quanto peraltro la buona pratica, ancor prima che l’esperienza, suggeriva e cioè che quando si tratta di un’opera complessa e ad elevato impegno di risorse, come lo sono gran parte delle opere pubbliche (senza dimenticare non poche iniziative private), diviene prioritario ridurre i rischi di ritardi o variazioni dei costi di realizzazione e accertarsi che l’opera realizzata corrisponda pienamente alle reali esigenze del committente. In questo senso, peraltro, i rischi non stanno solo dalla parte del committente: tutti gli operatori, anche progettista e costruttore, sono danneggiati da errori, carenze o quant’altro provochi ritardi, aumento dei costi o il mancato raggiungimento del risultato atteso, e dunque non può che essere comune l’interesse alla qualità ed efficienza.

In tale contesto si individuò nella progettazione quel momento centrale del processo di costruzione cui concentrare l’attività di verifica preventiva per sfruttarne a pieno la potenziale efficacia.

Nasceva così l’obbligo di verifica dei progetti quale presupposto per la loro appaltabilità.

Tale verifica assunse il significato di un vero e proprio collaudo della fase progettuale da svolgersi prima dell’inizio delle procedure di affidamento, incentrato sulla coerenza del progetto rispetto alle finalità e agli scopi per i quali l’opera è stata prevista, e sulla conformità all’impianto normativo cogente e ai limiti temporali e di spesa prestabiliti.
Anche da un punto di vista soggettivo, cioè degli operatori abilitati a svolgere un tale controllo, il Legislatore si mosse secondo criteri di qualità e affidabilità, richiedendo – per le opere di maggior rilievo – che questa attività di verifica venisse svolta esclusivamente da Organismi di Controllo accreditati ai sensi della norma europea UNI CEI EN 45004.

Ciò che sulla carta costituiva un impianto di eccellenza, che si poneva tra i più avanzati a livello europeo, nella pratica rimase però per lo più lettera morta, per l’incapacità (e spesso l’impreparazione) dei funzionari pubblici a cogliere le potenzialità dello strumento e per la scarsa propensione ad investire su servizi di efficienza in un contesto strutturalmente da sempre poco incline alla performance. La mancanza di controlli sull’applicazione e di censure per le riscontrate violazioni fece il resto, con quanto ne è seguito in termini di spesa pubblica e scheletri urbani a testimonianza del fallimento di un sistema.

Le altissime percentuali di successo nei rari casi di applicazione avevano però dimostrato la bontà del processo di verifica e la sua indiscutibile utilità, determinando il Legislatore, anche per rimanere al passo con gli standard internazionali (dove lo strumento trova diffusione come Design review, Independent Checking Engineer, Design verification), ad insistere su tale strada e dunque a riproporre tale strumento, in maniera ancor più decisa e articolata, con la riforma delle procedure pubbliche di affidamento di lavori e servizi compiuta con il D.Lgs. 163/06 (art. 112) e successivo regolamento di attuazione D.P.R. 207/2010 (Parte II, Titolo II, Capo II, art. 44 ÷ 59).

La verifica del progetto ha dunque assunto a tutti gli effetti il ruolo insostituibile di fase analitica e ingegneristica che deve mettere in luce tutte le caratteristiche di qualità (o di carenza di qualità) del progetto al fine di pervenire alla redazione finale di un opus progettuale adeguato agli scopi che il committente si prefigge.

La sua conclusione con esito positivo comporta il trasferimento al committente della comunicazione che il progetto è scevro da errori e da lacune, coerente con il contesto normativo a cui deve rispondere, adeguato a soddisfare le esigenze per le quali è stato concepito, congruo dal punto di vista economico, realizzabile e immediatamente cantierabile (se si tratta di un progetto esecutivo) ovvero atto a generare il successivo livello approfondito di progettazione (livello definitivo se il progetto oggetto di verifica è un preliminare; livello esecutivo se il progetto oggetto di verifica è un definitivo).

In tale contesto abilitato a svolgere tale servizio e a garantire il risultato, per le opere di maggior rilievo, è l’Organismo di Controllo, cioè un soggetto accreditato ai sensi della norma europea UNI CEI EN ISO/IEC 17020 da enti partecipanti all’European cooperation for accreditation (EA), tenuto ad assicurare l’assoluta separazione, sul piano tecnico, procedurale, amministrativo e finanziario, tra le attività ispettive ed altre attività con queste potenzialmente conflittuali. In altri termini tali Organismi devono aver costituito al proprio interno una struttura tecnica autonoma che garantisca l’indipendenza e l’imparzialità rispetto agli altri attori del processo di realizzazione delle opere.

Vi è a questo punto da chiedersi se del passato si sia fatto tesoro e dunque lo strumento veda oggi finalmente riconosciuto il proprio ruolo.

Ebbene, a parte la triste presa d’atto di un perdurante disinteresse (per lo più frutto di ignoranza) rispetto all’esistenza dell’obbligo normativo, le statistiche in argomento erano e continuano ad essere poche (forse per timore dei risultati, sicuramente per la resistenza opposta nel fornire i dati) e deludenti. Esse ci confermano anno dopo anno come questa attività rimanga da un lato uno strumento residuale, poco sfruttato e soprattutto sfruttato male, e dall’altro però, ove applicato, una preziosa risorsa di successo: dal 2005 al 2010 in Italia solo il 17,5% delle opere pubbliche ha ricevuto una validazione del progetto e solo l’8,3% è stato validato da un soggetto terzo e indipendente. Quando però si vanno ad analizzare i dati nei casi di sua applicazione, si raggiungono percentuali elevatissime in ordine al buon esito realizzativo dell’opera.

E allora perché tanta sfiducia nell’applicazione?

Siamo purtroppo di fronte ad un vero e proprio paradosso finanziario, che solo il mondo delle costruzioni poteva realizzare e ciecamente continuare a sostenere: è incontrovertibile che un’opera riuscita (intendendosi funzionale e inserita in armonia nel contesto di riferimento nel rispetto di tempi e costi) e che dura nel tempo ha sempre alla base un progetto di qualità, e che dunque tale progetto abbia una fondamentale centralità per il raggiungimento del risultato. Ebbene, le statistiche ci dicono però che la fase progettuale, dove dunque il rischio è maggiore e dove la buona norma ci inviterebbe a concentrare l’attenzione, è quella in cui il committente investe purtroppo di meno. Del pari la parte finale della fase realizzativa vede un’impennata della curva degli investimenti, a testimoniare come i costi risentano (almeno per una parte) proprio degli errori e delle lacune nascenti dal progetto.

D’altra parte sono tutti a conoscenza che più l’opera è dimensionalmente importante e ingegneristicamente complessa e maggiore è il rischio di incorrere in errori progettuali, in mancanza di coordinamento tra le diverse discipline e in mancanza di una visione complessiva dello stato di avanzamento del progetto, ma soprattutto maggiore è il rischio che tutto ciò si traduca in un aumento dei costi e dei tempi. E si badi bene, i dati dimostrano purtroppo che questo aumento di costi e di tempi, nelle grandi opere, è esponenziale, perché in gioco ci sono grandi numeri.

Eppure la prassi è per i più sempre la stessa: confidare in un prodotto di qualità senza verifiche, tenendosi ben lontani da una cultura del controllo, per poi correre ai ripari intervenendo nelle fasi costruttive finali, con piani economico finanziari che non tornano mai.

Partendo dagli sconfortanti risultati odierni è allora forse giunto il momento per i committenti, pubblici o privati che siano, di ripensare alle logiche che regolano il processo costruttivo e trarre vantaggio dagli strumenti a loro disposizione, chi solo per cieco rispetto normativo e chi per lucido utilitarismo e lungimiranza finanziaria.

La verifica del progetto è sì uno strumento obbligatorio per l’affidamento degli appalti pubblici e in tale settore dovrebbe trovare – e ci si augura che lo trovi sempre più – regolarmente applicazione, ma costituisce anche un’opportunità per il mondo privato delle costruzioni, che già, timidamente, ma per opere significative, ne sta facendo applicazione con ottimi risultati.

Essa assicura il rispetto dei requisiti definiti in fase di Pianificazione e Programmazione, asserisce la fattibilità del progetto entro i termini previsti e l'economicità delle scelte progettuali, favorisce l’individuazione di specifiche chiare ed efficaci; monitora l’avanzamento del Progetto in ogni fase, favorendo il dialogo costante tra Committente e Progettista, riduce il rischio dell’insorgere di contenziosi durante la realizzazione, tutelando così il Committente, il Progettista e l’Impresa esecutrice, garantisce la piena soddisfazione da parte dell’Opera dei bisogni definiti e la possibilità per l’Utente finale di goderne nei tempi e nei modi previsti.

Di tutto ciò se ne fa garante l’Organismo di Controllo, la cui presenza in fase progettuale costituisce un apporto concreto dell’operare in qualità e nella riduzione dei rischi, ed è dunque fondamentale e strettamente connessa al valore dell’opera.



Angelo de Prisco - Presidente CONTECO S.p.A. Organismo di Controllo


Ti è piaciuto l'articolo?
Autore: Angelo de Prisco

TAGS: controllo, validazione

© 2024 - Assimpredil Ance - Credits - Privacy