Opere pubbliche

Andrà tutto bene

Burocrazia virus italiano 2020 num. 21

Durante la bufera Covid-19 questo è stato lo slogan più...

Andrà tutto bene

Durante la bufera Covid-19 questo è stato lo slogan più frequentemente usato; una frase per esorcizzare, con la speranza e l’ottimismo, la paura per questo evento dirompente, nuovo e inaspettato. Ora che il contagio sembra aver attenuato quanto meno i suoi effetti più drammatici, rimane la desolante costatazione che, invece, le cose non vanno poi così bene. Taluni cantieri non si sono fermati nemmeno durante il picco della pandemia, altri, pur avendo subito uno stop, hanno ormai ripreso la loro attività, ma con difficoltà operative notevoli.

Ogni giorno ci troviamo a combattere con le problematiche connesse all’esigenza di adeguare le lavorazioni originariamente previste alle disposizioni dei protocolli sicurezza anticontagio, a sostenere discussioni o contenziosi per vederci riconosciuti i costi e gli oneri conseguenti, a cercare una interlocuzione con una controparte spesso non facilmente reperibile perché in smart working.

E poi, dobbiamo prendere atto che al momento non ci sono tantissimi bandi (e tra questi alcuni non remunerativi già in partenza). Pochi bandi, quindi, vuoi perché si devono adeguare gli atti di gara alle nuove più stringenti disposizioni, vuoi perché le risorse dei Comuni (le stazioni appaltanti più numerose) non consentono operazioni di ampio respiro; operazioni che, oltre ad essere necessarie per la collettività, potrebbero rappresentare un grande volano per la ripresa del nostro comparto e - stante il ruolo anticiclico del settore - anche per l’economia dell’intero Paese.

Negli ultimi tempi lo Stato ha però preferito utilizzare 12-14 miliardi l’anno per finalità assistenzialistiche e non per investimenti in conto capitale e, nonostante gli ampi proclami di questi giorni, nei provvedimenti economici recentemente varati non si trova alcun cambiamento di rotta. Da qui nasce il sospetto che le risorse non ci siano o almeno non nelle percentuali annunciate e che sarebbero necessarie per dare ossigeno al settore. Mancano le risorse e, in ogni caso, mancano gli strumenti per far partire i cantieri.

Oggi sono tutti d’accordo sul fallimento del codice appalti, ma la soluzione più facile non può essere quella dei commissari. Bisogna invece varare regole chiare e alleggerire il carico della burocrazia. Da qui la grande attesa per il “decreto semplificazioni” a cui sono affidate le speranze di una svolta, ma il provvedimento sembra ora scomparso dai radar, nonostante la reiterata promessa di una sua imminente uscita. Le stazioni appaltanti, in attesa di questa improcrastinabile riforma, dovrebbero però, ove possibile, utilizzare procedure semplificate per sveltire l’affidamento dei lavori, così come peraltro suggerito da Anac.

Vediamo invece il ricorso all’offerta economicamente più vantaggiosa anche per appalti di modesta entità e non tecnicamente complessi. Ma questo cahier de doleances non può non comprendere l’inaccettabile richiesta del Governo di rinnovo dello split payment.

Questa è la goccia che fa traboccare il vaso: se vogliono far chiudere le imprese di costruzioni continuino su questa strada .   

 

Giorgio Mainini, Vice Presidente Opere Pubbliche, Assimpredil Ance

Luglio 2020


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Autore: Giorgio Mainini

TAGS: appalti, contratti, costruzioni, Covid, covid-19, edilizia

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