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Verso l'abitare poliedrico

L'edilizia che verrà 2020 numero 20

Una ricerca Makno per Cassa Edile di Milano, Lodi, Monza e Brianza

Verso l'abitare poliedrico

Costringendoci a rimanere in casa, l’emergenza coronavirus rappresenta anche un’occasione per ripensare ai nostri modelli di abitare, inte­so come l’appropriarsi di volta in volta di spa­zi diversi in base all’uso e alla fruizione che se ne fa. Modelli che forse cambieranno in funzione delle nuove abitudini che stiamo acquisendo, delle nuove modalità di consumo e di socialità. Di fatto diventerà più rilevante la distinzione tra i diversi modi di abitare che sono fun­zione dello spazio che si vive (luogo privato o pubblico), delle necessità a cui risponde (riposo, svago, lavoro… ) e del modo in cui lo si usa (attivo o passivo, transitorio o duraturo… ). L’abitare si conferma innanzitutto come un concetto culturale che ha al suo centro l’individuo con i suoi ritmi di vita, i suoi (nuovi?) modelli di comportamen­to, le sue (nuove?) interazioni sociali…

Abitare, infatti, non significa solo ‘occupare’ uno spa­zio: è anche (forse soprattutto) qualcosa di più, un fatto individuale e intimo che implica un attaccamento a qual­cosa che ci rappresenta, che è (stato) rifugio e protezio­ne, qualcosa che esprime la nostra identità e che, nello stesso tempo, ci permette, se e quando lo vogliamo, di dialogare con l’esterno e con gli altri. L’abitazione, la ‘casa’ continua così ad essere simbolo e riferimento fun­zionale di ‘tana’, ma le sue caratteristiche, la sua forma e i suoi contenuti sono in continua evoluzione, accompa­gnando e rappresentando il cambiamento dell’individuo e del sociale.

 

La nuova progettualità dell’abitare avrà biso­gno di riferimenti aggiornati sui nuovi modelli abitativi, su comportamenti, desideri e bisogni dell’abitante così da indirizzare verso le giuste soluzioni le scelte strategiche di soggetti priva­ti e pubblici.

Un recentissimo studio, condotto da MAKNO nell’ambbito del più generale Osservatorio Housing Tomorrow, ha evidenziato le nuove declinazioni dell’abitare e indi­viduato tendenze e caratteristiche della casa del futuro come disegnata dalle aspettative e dai desideri dei suoi abitanti. Lo studio ha visto la realizzazione di una serie di focus group e di una indagine diretta che coinvolto un campione di oltre 3.000 casi rappresentativi della popolazione italiana dai 24 ai 60 anni, implementato con altri 1.000 casi nelle province di Lodi, Milano e di Monza e Brianza.

Per la maggioranza dei partecipanti ai focus group e all’indagine in genere la casa si connota come espressio­ne di sé e quindi come modo e strumento per esprimere la propria identità, il proprio stile e i propri gusti, nella convinzione che, di fatto, sia in grado di dichiarare cor­rettamente il proprio modo di essere.

Alla propria abitazione si dedica molta attenzione e cura nel costruirla e nell’organizzarla per la propria vita, ma la sua gestione deve poi richiedere pochissimo tem­po, energie e spese: da qui la scelta di materiali, arredi e impianti.

 

L’idea atavica della casa-rifugio rimane, ma si declina in due connotazioni: luogo protettivo e sicuro, un’enclave che isola dai ‘nemici’ e pre­serva dalle difficoltà esterne, da un lato; un ambiente funzionale, un nido di benessere e di tempo per sé, dall’altro.

La casa, sicuramente, ha perso la caratteristica di oggetto da esibire come espressione di uno status rag­giunto, in funzione dell’apprezzamento sociale. Anche come strumento di socializzazione diventa meno rigido e ingessato a favore di una più semplice ospitalità che richiede nuovi/diversi spazi, meno formali e più fluidi.

E che la casa sia via via diventata innanzitutto luogo di identità del suo abitante è dimostrato dalla soddisfazione verso l’attuale abitazione: nello studio, il 90% dei casi assegna alla propria casa un voto almeno sufficien­te e oltre un quarto del campione ne è tanto soddisfatto da darle 10!. La casa ottiene così una promozione piena con la media dell’8!

Del resto, da anni l’abitare e la casa sono per gli ita­liani fonte di maggiore soddisfazione sia rispetto al pos­sesso di altri beni che al consumo di servizi. Lo confer­ma anche l’annuale rilevazione ISTAT in cui, nel 2018, il 41,4% degli italiani esprime con un voto pari o superiore a 8 la soddisfazione per le proprie condizioni di vita: per la casa, secondo l’indagine MAKNO, la percentuale raggiunge il 65,5%.

Nonostante la soddisfazione per l’attuale situazione abitativa, in quasi la metà dei casi si vorrebbe comun­que cambiare casa, ma in questo desiderio, rispetto alle indagini precedenti, c’è però una nota nuova: la voglia di cambiare non è più dettata dall’aspirazione ad una casa di maggior dimensione e prestigio, ma è soprattutto lega­to ad esigenze funzionali. Si cambierebbe casa, innanzi­tutto per avere più spazio che non si traduce, necessaria­mente, in più metri quadrati, ma in spazi ben organizzati, che rispondono meglio alle esigenze della famiglia. Piace molto anche l’idea di avere ambienti dedicati a funzioni particolari (ripostigli, lavanderie, ma anche per svolgere allenamento sportivo e per attività leisure…) o si vuole separare le camere dei figli, esigenza sentita soprattutto da chi ha una famiglia consolidata (46 - 55 anni) e figli che, raggiunta l’adolescenza, vogliono una maggiore in­dipendenza e reclamano un loro privacy.

Il cambiamento, poi, non è radicale, non comporta tra­sferimenti eclatanti all’estero e neppure in un’altra città: tra chi vorrebbe cambiare la propria abitazione, infatti, oltre il 43% lo farebbe rimanendo comunque nello stesso comune di residenza, soprattutto se abita nel Nord Est (52,4%). In passato, invece, il desiderio di cambiare por­tava ad immaginare trasferimenti all’estero e o almeno in città di grandi dimensioni. Oggi, al massimo, si andreb­be in un comune un po’ più grande, ma non necessaria­mente in una città…

E chi, la minoranza, cambierebbe comune si divide quasi equamente tra la scelta di una città più grande (16,5%) e l’alternativa più radicale di andare a vivere in campagna, in montagna o vicino al mare. La fuga, in questo caso, attrae il 14,5% di chi cambierebbe re­sidenza, ma in generale prevale nettamente un certo radicamento nel proprio ambiente, ai luoghi più che all’abitazione.

 

Comunque, il 52% del campione, anche po­tendo, non cambierebbe casa per una moti­vazione molto semplice e, nello stesso tempo, sorprendente: la casa dove si vive piace! Lo af­ferma oltre il 67% del campione complessivo! A trattenere non sono (più) i legami familiari, né i costi del trasferimento o il lavoro…

La casa, insomma, non è un vincolo, un legame subìto, non sono le difficoltà ‘notarili’ e neppure le incertezze sul futuro a spegnere la voglia di cambiare: rimanere nella propria casa è una scelta consapevole che rappresenta ed esprime la centralità positiva della casa nel quotidiano di chi la abita e dei rapporti sociali che si sono instaurati nel tempo. Ne è una riprova il fatto che la casa, anche quella dei sogni, risponde in primo luogo a bisogni atavici: è innanzitutto rifugio, luogo che fa sentire pro­tetti e sicuri, accogliente e calda in contrapposizione con l’esterno. E questo sentimento è trasversale alle di­verse fasce d’età e alla residenza: le valenze attribuite all’abitazione rimangono le stesse, indipendentemente dal momento e dal luogo della vita!

La casa dei sogni che, come tale, è di proprietà e in una nuova costruzione, deve essere in un contesto con una ricca e articolata offerta di servizi (commerciali in genere, asili, scuole, ambulatori, uffici pubblici…) e non è particolarmente importante che sia in un quar­tiere vivace e dinamico. Tanto che per il 60% del cam­pione la casa dei sogni è una villetta indipendente: una sorpresa visto che, in passato, la villetta singola era preferita solo dal 31% perché ritenuta poco sicura.

Entrando nella casa dei sogni si è immersi nella luce, in una luminosità tutta naturale grazie alle finestre e alla corretta esposizione. Elemento indispensabile e irrinun­ciabile per oltre il 22% del campione, la luminosità caratterizza fortemente gli spazi interni ed è il naturale trait d’union con il contesto esterno, l’ambiente dove è inserita l’abitazione il cui contorno ideale è fatto di verde e silenzio: un giardino e un ambiente tranquillo sono le altre due caratteristiche irrinunciabili che com­pletano e definiscono ‘la casa dei sogni’. Luce, verde e silenzio, dunque, come elementi indispensabili per fare della casa il proprio ambiente ideale! E intorno a questi elementi ruotano anche le scelte dell’edificio, degli ambienti preferiti, dell’arredo, dei materiali, dei colori… che definiscono oggi il nostro abitare privato.

 

Sarà uguale a quello del dopo pandemia?

In ogni caso, sin da ora si pone chiara l’esigenza di individuare, da un lato, nuovi criteri di segmentazione della domanda, articolati sul rapporto qualità/prezzo e, dall’altro, nuovi canoni di progettazione per un’offer­ta che sappia seguire le nuove esigenze, con risposte e progetti adeguati.

 

Angela Airoldi, Università Bocconi

Aprile 2020


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Autore: Angela Airoldi

TAGS: abitare, coronavirus, costruzioni, covid-19, edilizia, futuro, pandemia

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