Che cosa merita Milano 2020 numero 22
La pubblica Amministrazione ha conosciuto...
Le restrizioni finanziarie imposte hanno compresso le assegnazioni afinalistiche a favore di iniziative volte al raggiungimento di determinati risultati economici e sociali. L’inadeguatezza del settore pubblico nel programmare, progettare e gestire le finanze ha richiesto una profonda revisione dell’azione pubblica, imbrigliata in rigidi schemi normativi, con l’acquisizione di elementi organizzativi tipici delle aziende private.
Nucleo centrale di questo processo evolutivo, nel settore dei contratti pubblici, è stato il partenariato pubblico privato (PPP), ossia una cooperazione fra le Autorità ed il mondo delle imprese preordinata a garantire il finanziamento, la costruzione, la trasformazione, la gestione e/o la manutenzione di un’opera pubblica oppure la fornitura di un servizio.
Si tratta di un contratto nel quale i ricavi di gestione dell’operatore economico privato derivano non solo dal canone riconosciuto dall’Ente concedente, ma anche da qualsiasi altra contropartita economica ricevuta dallo stesso concessionario, anche sotto forma di introito diretto della gestione di un servizio ad utenza esterna.
Il Legislatore, pur tenendo fermo negli anni l’impianto fondamentale, ha tentato di razionalizzare le regole dei contratti di concessione e di PPP. L’art. 3, co. 1, lett. eee) del D.Lgs. n. 50/2016 definisce il “contratto di partenariato pubblico-privato” come: “il contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto con il quale una o più stazioni appaltanti conferiscono a uno o più operatori economici per un periodo determinato in funzione della durata dell’ammortamento dell’investimento o delle modalità di finanziamento fissate, un complesso di attività consistenti nella realizzazione, trasformazione, manutenzione e gestione operativa di un’opera in cambio della sua disponibilità, o del suo sfruttamento economico, o della fornitura di un servizio connesso all’utilizzo dell’opera stessa, con assunzione di rischio secondo modalità individuate nel contratto, da parte dell’operatore”.
La definizione di partenariato pubblico privato è stata poi delineata nelle diverse fattispecie contrattuali con caratteristiche specifiche: la finanza di progetto, la concessione di costruzione e gestione, la concessione di servizi, la locazione finanziaria di opere pubbliche, il contratto di disponibilità.
Nonostante i numerosi interventi, la normativa riguardante il PPP è ancora una sorta di sottoprodotto della disciplina degli appalti pubblici: è prevalentemente rivolta a disciplinare la procedura di assegnazione e l’individuazione del costruttore.
E dal mercato dei contratti pubblici continuano ad arrivare segnali negativi generati dalla complessità e dalla durata dei procedimenti, dalla conflittualità tra le parti e anche da una scarsa trasparenza. Criticità alle quali non sono rimaste estranee le gare concernenti il partenariato.
I dati forniscono un quadro significativo della situazione: rispetto all’intero mercato delle opere pubbliche, il PPP è passato da 332 iniziative nel 2002 (una quota inferiore all’1%) a quasi 4.000 nel 2018 (una quota del 17%).
Gli Enti più attivi sono stati i Comuni, con una percentuale superiore all’80% (nel 2018 hanno pubblicato 3.125 bandi per un importo di circa 3,4 miliardi). Nell’arco temporale indicato il 67% dei Comuni italiani ha promosso una procedura di PPP. Tutti i Comuni con più di 20.000 abitanti sono stati committenti almeno una volta di un bando di PPP, mentre solo il 40% dei Comuni con meno di 2.000 residenti si è affacciato a tale mercato.
I primi quattro settori coinvolti sono stati l’edilizia sociale e pubblica, gli impianti sportivi, l’arredo urbano e il verde pubblico, l’energia e le telecomunicazioni. Rispetto al valore medio degli interventi il comparto dei trasporti è stato quello che ha registrato il maggior valore di bandi di PPP, seguito da quelli dell’edilizia sanitaria, dell’energia, delle telecomunicazioni e dell’ambiente (con una media di circa 15,7 milioni di euro per bando); il più basso è stato quello relativo ai settori dell’arredo urbano, del verde pubblico e degli impianti sportivi, con un valore medio di circa 1 milione.
La tipologia contrattuale alla quale hanno fatto più di frequente ricorso le Amministrazioni per iniziative di PPP è stata la concessione di servizi (72%), ma la quota maggiore delle risorse ha interessato le concessioni di lavori (56%). Solo una percentuale ridotta è rientrata in altre figure di partenariato.
Sussiste una forte criticità nella formulazione delle proposte e dei bandi di gara, nella costruzione dei progetti e della loro bancabilità nonché nei rapporti tra soggetti pubblici e privati che si ripercuote anche dopo l’aggiudicazione, quando entrano in gioco il contenzioso, la stipula del contratto, il raggiungimento del closing finanziario, l’esecuzione dei lavori e la gestione.
Anche le carenze di qualità tecnico-progettuale da parte delle stazioni appaltanti hanno contribuito a determinare il fallimento dell’iniziativa. A fronte di 33.164 procedure di PPP rilevate dall’Osservatorio nazionale del PPP, tra il 2002 e il 2016, i “procedimenti interrotti” (bandi annullati, gare deserte o non aggiudicate) riguardano 4.429 procedure, pari al 13%, con picchi superiori al 30% nel caso di bandi di oltre 15 milioni di euro.
A questo si affiancano l’incertezza dei tempi della procedura e dell’approvazione dell’intervento. Il tempo medio intercorrente tra la pubblicazione del bando e l’aggiudicazione varia da 6 mesi ad oltre un anno. Inoltre, la successiva fase di finanziamento dell’operazione richiede tempi a volte pari a quelli sopra indicati. Questo escludendo sospensioni imposte da eventuali contenziosi.
Gli Istituti bancari intervengono nelle operazioni di PPP ad aggiudicazione in corso o anche successivamente chiedendo di rivedere gli atti della proposta del concessionario o quelli predisposti dall’Amministrazione. A volte rimettono in discussione la sostenibilità del piano economico-finanziario, che deve essere rivista a fronte degli anni trascorsi e della modifica degli scenari di partenza.
Ancor oggi per i privati il PPP rappresenta un ambito di intervento relativamente nuovo, mentre per le Amministrazioni costituisce ormai un percorso quasi obbligato per colmare le carenze infrastrutturali e promuovere lo sviluppo territoriale con limitate risorse. Il partenariato potrebbe rappresentare una delle soluzioni per affrontare la crisi economica e finanziaria aggravatasi con l’emergenza Covid, contribuendo a rimettere in moto gli investimenti anche a livello locale.
I programmi di riforma allegati ai DEF degli ultimi anni e i piani straordinari degli ultimi mesi hanno costantemente indicato il rilancio degli investimenti pubblici come prioritario. A queste dichiarazioni di principio non sempre hanno fatto seguito misure concrete.
Molto spesso nell’individuazione di queste priorità lo sguardo è stato puntato verso le grandi infrastrutture e le reti informatiche di rilevanza nazionale, senza una strategia delle costruzioni estesa all’intero territorio e senza un piano orientato al perseguimento di obiettivi di interesse generale.
Se da tempo si sottolinea la necessità per il Paese di recuperare i ritardi infrastrutturali e di riqualificare gli immobili pubblici, ora si è aggiunta l’urgenza di intervenire su strutture sanitarie, ospedaliere e socioassistenziali che hanno manifestato la loro inadeguatezza.
I dati servono per decidere e il deragliamento di molti procedimenti indica come sia necessario affiancare, alla promozione del PPP, iniziative di informazione, supporto e istruzione per le Amministrazioni; azioni che sono mancate in Italia. Occorre strutturare un sistema di sostegno affinché gli Enti possano godere di formazione, tutoraggio, strumenti e incentivi.
Per affrontare questi obiettivi non occorrono nuove operazioni sulle norme o l’azione di altri semplificatori, né vi è necessità di ulteriori commissioni di studio o di tavoli interistituzionali. È opportuno, piuttosto, definire un quadro di riferimento chiaro di partenariato pubblico privato con modalità operative preordinate a rafforzarne l’applicazione.
A livello internazionale sono stati creati organismi per supportare gli Enti nell’utilizzo del PPP. In Italia, dopo la costituzione dell’Unità tecnica finanza di progetto presso il CIPE, anziché dotarla di competenze, deleghe e risorse, la si è progressivamente depotenziata e, infine, la si è soppressa trasferendo le sue funzioni al DIPE. Analoghe strutture introdotte da alcune Regioni non sono mai decollate.
L’esperienza estera ha dimostrato l’utilità di azioni a favore degli Enti locali comprensive di linee guida, pareri, modelli di analisi per valutare la convenienza del ricorso al PPP, piani economico-finanziari e contratti standard. In assenza di tutto ciò, in Italia, molti Comuni hanno impegnato risorse e tempo per l’implementazione di operazioni, caso per caso, senza economie imitative ed esperienze consolidate.
Sul fronte privato occorre un patto per superare la contrapposizione fra committenti e concessionari–appaltatori–gestori e definire le alleanze per il raggiungimento di obiettivi condivisi e la creazione di valore pubblico. Tra tutti i soggetti coinvolti in una operazione di PPP devono essere attuate delle sinergie, a partire dalla fase preliminare della programmazione e progettazione sino a quella della gestione.
Si tratta di una logica che si identifica in una collaborazione più trasparente e leale fra le parti, connotata da elementi di flessibilità in fase esecutiva e gestionale e priva dei rischi di addebiti di alterazione delle regole della gara. In tale prospettiva si rende necessario un cambiamento di posizione e di mentalità anche da parte delle aziende e delle associazioni di categoria.
A tal fine potrebbero assumere rilievo le Linee Guida dell’ANAC sul rating d’impresa prevedendo l’associazione, ad ogni posizione, di una serie di premi per stimolare gli operatori economici ad assumere comportamenti efficienti in tutte le fasi di esecuzione.
La ratio del rating di impresa è quella di promuovere l’efficienza e di fare in modo che le imprese siano le prime ad assicurare il rapporto di fiducia con la stazione appaltante, tenendo conto, in sede di aggiudicazione, non solo dei requisiti richiesti dal contratto ma anche della reputazione dell’impresa.
Simili meccanismi potrebbero riconfigurare il mercato dei contratti di PPP in un’ottica positiva, promuovendo la concorrenza tra le imprese e trasformando il committente pubblico in un best client.
Maria Grazia Lanero, Avvocato amministrativista