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Con questi numeri si può vincere la sfida

Crescere? 2016 numero 3

Milano non è mai stata così attrattiva.

Con questi numeri si può vincere la sfida

I dati sono elementi storici, statistici e semplici. Sono numeri in genere privi di un significato reale se non sono interpretati nel modo più corretto. Qui sta il vero problema: l’autorevolezza e la serietà dell’interpretazione e con essa la capacita di produrre scenari il più possibile vicini a quello che sarà il nostro futuro.

Con il CRESME e il suo animatore, Lorenzo Bellicini, che spesso ci accompagna nel percorso non semplice di individuare le più corrette strategie del futuro attraverso il recupero, l’ordinamento e la  lettura prospettica dei dati raccolti, abbiamo una pluriennale esperienza che non ci ha mai delusi.

Talvolta le questioni si sono rivelate meno ottimistiche delle previsioni, oppure più brillanti in altri casi, ma sempre entro un range accettabile Pertanto questa esperienza ha contribuito a orientare le  Imprese in scenari di cambiamento più o meno repentini, spesso rappresentando correttamente la visione futura della realtà. La ricerca sulle dinamiche della popolazione sul nostro territorio,  che oggi presentiamo nel terzo numero di Dedalo, ha invece alcune molteplicità di lettura rispetto alla necessita di tracciare correttamente come e con quale qualità avverranno i cambiamenti a  Milano nei prossimi decenni.

Perché non sono rilevanti oggi soltanto i dati a manifestare un incremento della popolazione in controtendenza rispetto al passato, ma concorrono ulteriori variabili importanti e decisive a  complicare la lettura di scenario prospettico che questa nostra citta sarà in grado di esprimere. Le visioni possono essere diverse, talora critiche, ma legate certamente all’importanza delle scelte  politiche di strategia che maggioranza e opposizione si troveranno ad affrontare. Una partita molto complessa e, proprio perché complessa, assai avvincente ed emozionante e che auspichiamo  responsabile, assunta da tutti con l’obbiettivo di rendere fluido lo sviluppo, il lavoro e la crescita dei nostri cittadini e delle nostre Imprese.

Milano non è mai stata cosi attrattiva.

Nelle classifiche internazionali e infatti nel novero delle 30 citta più attraenti del mondo (e al 18° posto) sul piano socio-economico. A questo risultato siamo pervenuti attraverso un lavoro  complesso svolto negli anni passati a più velocita. Le grandi trasformazioni che hanno interessato il territorio della citta hanno avuto una gestazione lunga e faticosa, sia sul piano del consenso  cittadino che sul piano amministrativo.

UN PATTO PER L’EUROPA
Oggi abbiamo nuove icone di riconoscibilità del nostro sky-line che, piacciano o non piacciano, hanno proiettato Milano in una dimensione non più di solo capoluogo regionale, ma di citta europea  dove succede molto. E spesso quello che succede, succede bene, dove i servizi generalmente funzionano, dove la formazione e all’avanguardia, dove oltre alle note caratteristiche di città italiana  del business, della finanza, della moda e del design, si esprime alla massima potenza il settore della solidarietà e dove, in un ambiente ordinato e sicuro, si può catalizzare per sei mesi l’interesse del mondo su una esposizione internazionale con un tema centrale come quello del cibo e dell’alimentazione. Una città che accoglie sempre più studenti nelle Università e che deve affrontare il  problema fondamentale di formarli e trattenerli per la loro crescita sociale e la loro affermazione professionale. Una città che ha sorprendentemente spalancate opportunità fino a pochi mesi fa impensabili, quali l’accoglimento dell’agenzia del farmaco o dell’autorità bancaria europea, all’indomani del risultato di Brexit.

Tutto ciò in un periodo, economicamente e finanziariamente, tra i più pesanti e difficili. Molti meriti sono da riconoscere alla governance della citta, ancorché  avvicendatasi tra più parti politiche, ciascuna delle quali ha comunque mantenuto il timone: dalla vittoria per Expo e fino al suo successo. Un grande merito lo   hanno avuto i milanesi, le imprese, i cittadini, da sempre animati dalla passione per la crescita e dall’orgoglio di vivere, di appartenere, in un luogo speciale.

Il Patto per Milano, che prevede ingenti investimenti sul nostro territorio, non e dunque solo un caso. In atletica diremmo che al tempo zero eravamo fuori dalla finale di mezzo fondo e adesso abbiamo risalito le posizioni arrivando circa alla meta. Ora pero siamo nella condizione di dover decidere in breve tempo come  passare da mezzofondisti a velocisti, e dobbiamo pensare in fretta come diventare bravi a correre veloci per vincere.

CULTURA VINCENTE
Questa attività di training reca molte insidie. Intanto il mondo non sta alla finestra a guardare cosa succede a Milano. Molte città stanno pianificando la loro  crescita culturale, sociale ed economica e su questa partita stanno preparandosi con impegno e con convinzione. In secondo luogo occorre oggi prendere  consapevolezza di quanto la padronanza e l’uso della tecnologia e delle informazioni e il loro accesso su scala metropolitana, a tutti i livelli, condizioneranno la  competizione dei territori e ne decreteranno rapidamente il successo o l’insuccesso a secondo di come se ne prenderà possesso con maggiore o con minore  dimestichezza. In terzo luogo occorre, con autocritica e con determinazione, correggere quanto non sia funzionale a fare questo salto: nella pianificazione, nei  regolamenti, nelle procedure. Prima ancora nei comportamenti. Ai cittadini, ai privati, alle imprese, questi fenomeni sono già noti. Cultura del tempo e del risultato sono di fatto condizioni imprescindibili del successo, legate alla massima qualità del prodotto o del servizio. Questi elementi sono un postulato  economico di base che e condizione di permanenza nel mercato, selettivo e competitivo. Eppure anche per i privati tutto questo deve diventare consuetudine, unita a principi di etica e moralità.

Ora risulta fondamentale diffondere questa cultura a tutti i livelli della pubblica amministrazione, anche per rassicurare gli innumerevoli investitori che si sono  affacciati, dall’alto della loro inimmaginabile scorsa di risorse e di equity, complici anche i tassi negativi, per capire se questa sia la citta giusta sulla quale   scommettere, per vincere.

Mille potenzialità dunque che possono veramente generare una rivoluzione culturale nell’approccio al lavoro, nel rapporto tra mondo dell’impresa e sistema amministrativo, nel trasferimento delle informazioni e nell’uso della tecnologia.

Una rivoluzione alla quale dobbiamo cercare con caparbietà di ricreare fiducia tra operatori e amministrazione, evitando con ogni mezzo la tentazione di normare il superfluo e di costruire una nuova burocrazia. Non abbiamo molto tempo a disposizione. Occorre animare il dibattito e la collaborazione tra pubblico e privato
per rincorrere questo obiettivo. E occorre farlo di corsa, non più da mezzofondisti. Ma come ci ammoniva Franz Kafka in uno dei suoi innumerevoli aforismi, non possiamo permetterci che sia il dibattito a governare il tempo del cambiamento. Diceva infatti lo scrittore cecoslovacco che “Dirsi le cose e troppo poco. A un certo punto le cose bisogna farle.

Marco Dettori, Presidente, Assimpredil Ance


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Autore: Marco Dettori

TAGS: città, competizione urbana, crescita, demografia, rigenerazione urbana

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