Obiettivi chiari e leggi di stabilità coerenti
Mentre la platea delle imprese e degli imprenditori si interroga su quale futuro il nuovo governo giallo-verde riserverà alla politica industriale italiana, con alcuni timori e dubbi che ci auguriamo di risolvere rapidamente, oggi ci ritroviamo tutti quanti abbastanza deboli e senza difese su partite che stanno al di sopra di noi e che riguardano il futuro del Paese, della sua economia e il futuro di aziende e cittadini. E al di là dei titoli più o meno sbandierati attraverso i mezzi di comunicazione, quelli che hanno ampia sostanza e quelli invece, molto più efficaci, che arrivano “alla pancia” delle persone distogliendo, alle volte, l’attenzione dalle questioni più rilevanti, non possiamo non soffermarci a fare una analisi compiuta della situazione “freezata” a oggi e della sua possibile, presumibile e auspicabile (o meno auspicabile) evoluzione.
Le questioni dovrebbero essere affrontate su un paio di macro-temi. Il primo è quello (non finiremo mai di insistere) della politica industriale del nostro settore, dalla quale consegue il destino della cosiddetta domanda interna, che stenta a trovare soluzioni veramente efficaci e che quindi non consente di uscire granché dalla stagnazione dell’onda lunga della crisi economica.
Per poter affrontare questo tema nel più sterile e tecnico approccio, possibile anche per non voler dare giudizi su come e quanto si sia fatto in passato, occorre partire da quanto oggi abbiamo a disposizione.
A nostro modo di vedere alcune questioni dovrebbero essere confermate in modo assolutamente strutturale: l’eliminazione del costo del lavoro dalla base imponibile dell’IRAP, per esempio, ha dato benefici diretti alle aziende, agli investimenti, e alla produzione. La riduzione dell’IRES a una aliquota massima più coerente con le aspettative delle aziende, consente oggi alle imprese di pianificare quel minimo di investimenti interni in ricerca e sviluppo che in passato erano stati soltanto invocati.
La manovra “Industria 4.0”, che ha invece la pecca di essere riservata alla sola manifattura (e a essa, certamente, porta benefici), va ricondotta al settore delle costruzioni che storicamente accompagna l’esplosione della domanda interna e con essa la diffusione di benessere al quale corrispondono poi incrementi della spesa, dei consumi, in genere dell’economia interna, ossia del PIL. Qui siamo al tempo zero. Una stagione di sostituibilità e rottamazione delle attrezzature volta a migliorare la formazione e la sicurezza degli addetti di settore, potrebbe essere veramente una necessità, considerando che in media il parco mezzi a disposizione nell’elenco cespiti delle aziende fa rabbrividire.
Anche un premio o un super-incentivo per la formazione, specializzazione e innovazione e introduzione di nuove figure organizzative (BIM Managers, Activity Based Costing Managers e un rafforzamento Project & Construction management) avrebbe l’effetto nel medio termine di generare un parterre di imprese pronte all’approccio responsabile, industriale e di risultato che oggi mancano sul mercato, unitamente alla generazione di analogo organigramma nelle strutture della pubblica committenza. Valorizzare questa crescita è indispensabile, nella pubblica amministrazione e nelle imprese. Dare una risposta concreta, di prospettiva e di orizzonte è obiettivo sano di qualsiasi Esecutivo.
Dobbiamo smontare e demolire l’immagine di un settore nel quale troppo spesso la mancanza di figure capaci sul piano tecnico, industriale e amministrativo, tanto per la committenza quanto per l’impresa, occupano sistematicamente le attività della magistratura e distruggono in un lampo con una notizia la reputazione dello Stato e della categoria alla quale è riconsegnato il dovere e il privilegio di realizzare le infrastrutture, i luoghi, le piazze, i servizi e gli edifici per le persone, per la vita e per il benessere! Un ragionamento particolare va rivolto alla questione incentivi. La modalità ondivaga che ha caratterizzato il passato è il sintomo di un Paese che non è mai stato capace di fare scelte strutturalmente rilevanti sulla politica industriale.
Gli incentivi sono importanti, ma di anno in anno veder le aliquote che cambiano, le modalità che si trasformano, le date e le scadenze che si ampliano o si contraggono, a secondo della impostazione della legge di stabilità è metodo da “repubblica delle banane”... Anche la recente circolare dell’Agenzia delle Entrate sulla circolarità della cessione dei crediti di imposta, ampiamente sponsorizzata dalla Ragioneria Generale dello Stato, sottende il rischio di tenuta dei fondi pubblici rispetto al mercato dell’efficientamento energetico degli edifici che invece (questo sì!) è argomento vero di politica industriale. Noi vorremmo avere, per una volta, chiarezza degli obbiettivi di politica industriale e coerenza nelle leggi di stabilità. Un dialogo rapido va intrapreso col governo, anche perché, tra flat tax (che sicuramente avrebbe effetti sull’incremento dei consumi - ma non più così scontati in edilizia) e reddito di cittadinanza (sul quale occorre fare una verifica degli effetti indotti nel nostro settore proprio per coloro che non dichiarano reddito - con eterogenee differenze per ambiti territoriali) il rischio di veder spazzare via gli incentivi e con essi un mercato che, pur con tutte le anomalie segnalate, è stato l’unico in crescita da oltre 10 anni e con effetto emersione davvero rilevante, sarebbe veramente un paradosso.
IL SECONDO TEMA È QUELLO DELLA MONETA UNICA, DELL’EUROPA E DELLE CONSEGUENZE SULLA NOSTRA ECONOMIA PRIMA, SULLE NOSTRE AZIENDE, IMMEDIATAMENTE DOPO.
Su questo aspetto bisognerebbe mettersi un po’ d’accordo. Se ragionare sulla moneta unica piuttosto che sull’Europa sia una priorità sulla quale impostare un diverso e più pesante posizionamento del nostro Paese (che, comunque, grazie alla ossatura delle sue PMI, rimane la seconda potenza industriale d’Europa) rispetto alle politiche monetarie, degli investimenti, dell’attenzione della BEI, degli adempimenti, delle sanzioni, con tutto quanto sia peculiare all’Italia e non al resto d’Europa, allora siamo d’accordo, questa sì che è certamente una questione da porre sul tavolo CE. Fa venire ancora i brividi la comunicazione della campagna elettorale che è stata pervasa dal ritorno alla Lira, piuttosto che dall’uscita dall’Euro, o al dissociarsi da una politica monetaria nella quale sia stato paventato il rischio che il Paese, con tutta la sua forza e le sue debolezze, fosse escluso della stanza dei bottoni, invece che ricoprire il suo ruolo di primo piano che gli deve spettare permanentemente. Gli imprenditori che si occupano di costruzioni, di sviluppo immobiliare, ricordano ancora i disastri subiti nei loro piani economici rispetto ai costi finanziari, elementi imprescindibili della produzione di case, uffici, industria e, oggi, di rigenerazione. Legati alla fluttuazione monetaria della moneta propria e del rapporto con le monete forti. Tassi a doppia cifra, stravolgimenti della pianificazione finanziaria di breve, medio e lungo termine, sarebbero una mannaia insopportabile oggi, impossibile da reggere.
Su questo vorremmo fare un appello al Governo, a beneficio delle imprese Credere alle competenze delle Associazioni oggi non è più una chimera. Nella crisi le associazioni si sono ridotte, riorganizzate, resettate; hanno assunto un atteggiamento molto più attento ai contenuti che alla difesa corporativistica degli interessi. Oggi sono centri di competenza e sono infrastruttura positiva a disposizione dell’autorità e dell’Esecutivo. Erano state azzerate fino a ieri nella interlocuzione e si tendeva a non ascoltarle.
Bene, oggi siamo qui, siamo a disposizione, con la volontà di essere leali e corretti La politica autoreferenziale di oggi (questa è un po’ la sua caratteristica in tutto il mondo) ci abitua parallelamente a situazioni sorprendenti: pensate a Donald Trump che ammicca a Kim Jong-un, sono la dimostrazione che le distanze più ampie alle volte si colmano in un lampo. Il Governo affronta una arrampicata complessa, irta e di grado elevato. È tutta salita, e si sa che in questa difficile impresa ci sono ristori, rifugi. I ristori e i rifugi sono la legge di stabilità con una marea di quattrini da spendere bene, con regole amministrative più semplici e con opportunità infinite, sono le PMI che sono una ossatura non marginalizzabile, sono le necessità di rivalsa e di recupero di un ruolo che spetta a governo, lavoratori ed imprese, sono il futuro del nostro territorio, delle nostre famiglie, dei nostri figli. L’ANCE è pronta ad arrampicare e questa volta non vuole stare a terra. Lo ha fatto fin troppo e si riparte da terra. Scelga il Governo se farle fare chiodi, bussola, corda, o piccozza. Sarà comunque accessorio utile, se non indispensabile, a raggiungere la vetta.
Marco Dettori, Presidente, Assimpredil Ance
Giugno 2018