Fare lobby 2017 numero 9

La nostra buona lobby

Dal Presidente

Come essere e cosa tessere

La nostra buona lobby

Essendo il Paese ormai in piena campagna elettorale, all’indomani del rinnovo delle cariche nella nostra associazione ANCE nazionale, occorre responsabilmente affrontare con autocritico realismo un problema epocale del nostro tempo. La debolezza delle azioni di lobby nella rappresentanza di interessi e il progressivo allontanamento tra democrazia rappresentativa, da sempre manifestata attraverso i corpi intermedi, e la politica. E’ come se d’un tratto tutti gli schemi e le reti di comunicazione tra questi soggetti si siano progressivamente e irrimediabilmente asciugati e da almeno due anni la comunicazione si sia interrotta. Il mondo associativo qui in Assimpredil ANCE, ma ancor più in ANCE nazionale, è molto diviso. Le imprese associate ci manifestano, da un lato, il plauso per la qualità dei servizi resi, che non è mai posta in discussione, ma lamentano da tempo lacune nei risultati delle azioni di lobby rispetto alle priorità del nostro settore: mancanza di azioni decisive nei confronti del codice degli appalti, incapacità di incidere sulla questione fiscale, poca incidenza delle azioni per la flessibilità in uscita nel comparto costruzioni, vuoto nella difesa territoriale. Critiche tutte, occorre ammetterlo, drammaticamente fondate, e conclusioni amaramente vere. A guardare indietro, salvo una favorevole esperienza sul piano locale, dove non è stato difficile trovare un terreno fertile per mantenere e coltivare la qualità delle relazioni istituzionali, terreno per il quale il sistema raccoglierà certamente i frutti nei prossimi mesi, alcune delle questioni pesanti del comparto costruzioni stentano a trovare soluzioni evolute di risoluzione a beneficio delle imprese. Ma perché? Gli argomenti sono tutti sul piano del dibattito serrato, con una comunicazione difficile, frammentaria e disorganizzata.

È come se la crisi avesse creato un vuoto di relazione tra il mondo produttivo e il Parlamento, tant’è che oggi è indispensabile domandarsi se sia ancora attuale il metodo, per tanti anni sperimentato nel passato, di agire sulla norma attraverso il classico sistema della revisione, emendabilità, correzione, oppure parallelamente non sia il caso di intraprendere la proposizione di esercizi più coraggiosi che nella riforma sostanziale di determinati ambiti ridisegnino nei contenuti e nelle scelte un settore che da almeno 25 anni, occorre sottolinearlo in tutti i modi, non può giovarsi di una legislazione a contorno che sia ambiente giusto e favorevole per lo sviluppo e la crescita, anche aziendale, sul piano strettamente industriale. Non può essere semplicemente un caso che la massima espansione dimensionale delle aziende di costruzioni in Italia sia legata a quei soggetti che hanno intrapreso un percorso di sviluppo e consolidamento della crescita all’estero, piuttosto che nel nostro Paese. E non è solo un tema, peraltro non leggero, di mancato impegno delle risorse (dei 100 miliardi stanziati dal Governo due anni fa ne sono arrivati ai cantieri soltanto il 4%!!).

Il punto è che le imprese in Italia vivono, producono e si muovono in un ambiente normativo e regolamentare certamente ostile. Probabilmente l’unico modo che abbiamo a disposizione oggi nei confronti di chi può muovere le cose a livello politico per incidere sulle regole è quello di assumere un atteggiamento di confronto molto meno composto rispetto al passato che abbia, da un lato, l’obiettivo di fare emergere questa situazione ormai davvero non più sostenibile, utilizzando la massima energia possibile, e dall’altro proporre soluzioni che riportino al Paese, prima ancora che al settore, l’utilità di ricreare l’ambiente favorevole e stimolante per la competitività, il lavoro, la creazione di ricchezza e la generazione di una politica industriale di medio e lungo termine. Alzare i toni del confronto verso chi è distratto e non ascolta, quindi, facendo emergere paradossi e criticità.

Dare strumenti, tessere nuove alleanze e relazioni con chi è disponibile, sulla proposizione di nuovi contenuti. E alzare parallelamente anche un po’ i toni. Basti pensare ai tassisti, e lo dico con il massimo rispetto, che bloccano le città rappresentando interessi certamente dignitosi ma, rispetto al PIL, non del tutto rilevanti. Un metodo tutto sommato vincente che ci fa comprendere come, alla fine, sulle battaglie che contano si deve essere meno rispettosi del Palazzo e incredibilmente più determinati. Infine, un breve ragionamento sui comportamenti e sull’etica di impresa, che sono purtroppo motore di una deriva giustizialista e inquisitoria che permea gran parte della regolamentazione punitiva con la quale ci dobbiamo confrontare. Alle, purtroppo non rare, occasioni di critica ed enfasi mediatica rivolte al nostro settore per l’emersione di comportamenti lesivi della concorrenza e del mercato che disintegrano la comunicazione di mesi o di anni di una Associazione come la nostra sul piano etico, occorre contrapporre i numeri di liceità e della regolarità al punto di diventare quasi parti lese e non soggetti che devono difendersi da episodi così spiacevoli in capo ai singoli e da una legislazione che parte dalla cultura del sospetto e della malfidenza, della quale siamo disgraziatamente delle vittime.

Questo fatto non è proprio irrilevante. Su questo dobbiamo fare un processo serio di autocritica e forzare nel futuro con un patto di sistema con tutte le rappresentanze amiche e anche con le nostre organizzazioni sindacali. Da un lato, dobbiamo affrontare con grande responsabilità e attualità il tema del rinnovo del Contratto Nazionale. Dall’altro, dobbiamo essere con loro un fronte non diviso nel generare una legislazione di settore a tutti i livelli, intervenendo dove serve, sul Codice appalti, sulla Fiscalità, sulle norme ambientali e urbanistiche, sullo stesso Contratto di lavoro, allargando le alleanze. Dobbiamo assumere un atteggiamento di “pace armata”, tipico delle situazioni di emergenza. Riportare ordine nella legislazione e nella regolamentazione è la priorità di tutte le azioni che oggi la rappresentanza si deve porre come mandato. Riconquistare nella norma quel minimo di diritti civili e costituzionali dei quali devono godere gli imprenditori e le persone per bene è una priorità assoluta della futura azione di lobby. Scardinare il sistema punitivo delle leggi che sembrano quasi partire dal presupposto che il mondo sia popolato da delinquenti è un punto fondamentale di cultura civica e sociale e non dilazionabile.

Cominciamo dunque la battaglia di tutte le battaglie a favore delle imprese. Una battaglia nella quale le armi non devono mancare. Armi buone, fatte di contenuti e prospettive che oggi mancano alla rappresentanza politica, mediamente vuota e più impegnata a gettare fango addosso a se stessa e agli altri, pervasa da titoli, tweet e social networks, piuttosto che a pensare all’interesse dei propri cittadini e delle proprie imprese e delegando le funzioni legislative più delicate a soggetti più inclini a derive di cultura giustizialista e punitiva. Armi pesanti, per contrastare con grande forza tutto quanto è posto, attraverso quelle norme e quei regolamenti, quale limite alla rigenerazione di un ambiente nel quale sia favorevole il lavoro e lo sviluppo, avvantaggiando soltanto coloro che hanno l’abitudine all’indifferenza piuttosto che all’osservanza. Oggi siamo tutti, su tutto, di fronte al crepaccio. Possiamo costruire un ponte o scendere la parete verticale in sicurezza, ma velocemente. Non abbiamo più bisogno di soggetti che fingano di aiutarci, per poi darci una spinta per farci precipitare.  

Marco Dettori, Presidente, Assimpredil Ance

Novembre 2017


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Autore: Marco Dettori

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