Le analisi

Tetti e sottotetti

Costruire senza consumo 2012 numero 33

Si dovrebbe, fuor di ipocrisia, consentire che i sottotetti si possano recuperare senza quelle limitazioni morfologiche che...

Tetti e sottotetti

Dal 1996 in Lombardia, con la legge regionale n. 15, è promosso il recupero a fini abitativi dei sottotetti con l’obiettivo dichiarato di contenere il consumo di nuovo territorio e di favorire la messa in opera di interventi tecnologici per il contenimento dei consumi energetici. Le norme hanno subito varie modifiche nel tempo. Oggi il recupero abitativo dei sottotetti è disciplinato dagli articoli 63, 64 e 65 della L.R. 12/2005 e sue successive modifiche e integrazioni.


In sintesi:

1. Il comma 1-bis dell’art. 63 definisce come sottotetti i volumi sovrastanti l’ultimo piano degli edifici dei quali sia stato eseguito il rustico e completata la copertura.

2. Il recupero abitativo del sottotetto è consentito - anche in deroga ai limiti ed alle prescrizioni dei PRG/PGT - negli edifici, destinati a residenza per almeno il 25% della Slp complessiva, esistenti o autorizzati al 31 dicembre 2005. Il recupero abitativo dei sottotetti è consentito anche in tutti gli edifici autorizzati dopo questa data, una volta che siano decorsi cinque anni dall’agibilità. Le altre condizioni poste dalla legge sono che siano rispettate le prescrizioni igienico-sanitarie relative all’abitabilità e che sia assicurata per ogni singola unità immobiliare l’altezza media ponderale di metri 2,40, (2,10 per i comuni posti a quote superiori a seicento metri di altitudine sul livello del mare).

3. Gli interventi edilizi finalizzati al recupero volumetrico dei sottotetti possono comportare l’apertura di finestre, lucernari, abbaini e terrazzi per assicurare l’osservanza dei requisiti di aeroilluminazione e per garantire il benessere degli abitanti. Secondo le ultime modifiche introdotte dalla legge 4/2012 - per gli edifici di altezza pari o inferiore al limite di altezza massima posto dallo strumento urbanistico - gli interventi possono comportare modificazioni delle altezze di colmo e di gronda e delle linee di pendenza delle falde, unicamente al fine di assicurare l’altezza media ponderale di metri 2,40/2,10. E’ data anche facoltà di oltrepassare il limite di altezza massima posto dal PRG/PGT, ma soltanto nella misura eventualmente e strettamente necessaria ad assicurare un’altezza minima abitabile (interna) non superiore a metri 1,50. In pratica ciò vuol dire che la linea di gronda potrà essere innalzata al di sopra dei limiti di altezza del PRG/PGT per un massimo di m 1,50 maggiorati dello spessore della copertura. La deroga ai limiti di altezza massima non vale nei centri storici e nei nuclei di antica formazione, all’interno dei quali, in assenza di limiti, l’altezza massima è quella esistente.

4. A seguito di una modifica introdotta dalla L.R. 5/2009, tutti i progetti di recupero abitativo dei sottotetti, che incidono sull’aspetto esteriore dei luoghi e degli edifici, sono soggetti al giudizio della commissione per il paesaggio.

5. Mediante apposite deliberazioni, fino a che non abbiano approvato il PGT e, successivamente, con il Piano delle Regole, i Comuni, possono escludere dall’applicazione di questa legge parti del territorio e determinate tipologie di edifici o di intervento. Nel PGT di Milano, l’unica esclusione esplicitata riguarda gli Ambiti di Trasformazione Urbana (ATU) all’interno dei quali (art. 5.3 del DDP), non si applica la disciplina del recupero dei sottotetti ai fini abitativi. Rimangono invece attive, ancora per due anni dalla pubblicazione del PGT, le norme morfologiche riguardanti il recupero dei sottotetti introdotte dalle varianti alle ex zone B2. Per queste zone, gli articoli 18 bis e 19 bis delle NTA del PRG, che rimangono transitoriamente in vigore, impongono limitazioni e, in molti casi, impedimenti alla modifica delle altezze e delle pendenze. E’ comunque fatta salva la possibilità che, su conforme parere della commissione del paesaggio, possano essere consentite soluzioni innovative e modificative delle geometrie esistenti qualora esse siano giustificate da elevata qualità progettuale e riconosciute fedeli ai caratteri architettonici intrinseci dell’immobile e di quelli ambientali del contesto.

L’articolato e sofferto apparato normativo che ho rapidamente descritto non risolve, tuttavia, le contraddizioni di una legge che, partendo dal giusto presupposto di contenere il consumo di territorio, si aggroviglia, da un lato, in astruse norme morfologiche e si lancia, dall’altro, in liberalizzazioni estreme (e, a mio parere, insensate) come quella di consentire il recupero abitativo dei sottotetti in edifici ancora da costruire.

Questi sottotetti non devono avere, a fine lavori, le caratteristiche per essere abitabili e per cinque anni non devono abitati. Poi però potranno esserlo. Ad essi, tuttavia, non sarà mai consentito di adeguarsi alle “normali” norme igienico sanitarie. E’ come se lo stesso legislatore, rendendosi in qualche modo conto della contraddizione logica e etica di consentire domani quello che vieta oggi, imponga, nel vano tentativo di porvi rimedio, una quaresima quinquennale di espiazione e purificazione e pretenda, poi, che i locali dei sottotetti in tale subdolo modo recuperati, non debbano avere le caratteristiche di quelli concepiti e nati alla luce del sole e in grazia di Dio.

Essi dovranno portare addosso, per sempre e a tutti visibili, i segni della propria, non proprio regolare, venuta al mondo. Questo vale anche per il recupero degli altri sottotetti che per anni e anni, hanno umilmente svolto la loro legittima funzione di soffitte.

Vengono, sì, consentite modifiche alla conformazione dei tetti e dei sottotetti. Si possono, sì, aprire finestre, lucernai, abbaini e terrazzi. Si possono anche modificare le altezze di colmo e di gronda e le linee di pendenza delle falde. Tutto questo si può fare. A condizione però (quantomeno secondo certe interpretazioni restrittive, ma correnti) che l’altezza media dei locali non superi due metri e quaranta (mentre ai locali normali viene chiesto di essere alti, come minimo, due e settanta) e che la superficie delle finestre non sia tale da oltrepassare quei rapporti di aeroilluminazione che per i locali dei piani normali sono invece dei minimi. Perché limitare l’ampiezza delle finestre?

Perché ridurre l’altezza dei locali? Perché, per i sottotetti, diventano massime quelle misure che, per gli altri piani, sono invece minime? Giusto – semmai - ridurre i minimi, nei casi in cui non sia possibile fare altrimenti. Ma imporre dei massimi, oltre i quali non si può andare, appare con ogni evidenza come una condizione “punitiva” che riduce la vivibilità interna dei sottotetti e si ripercuote sulle stesse forme architettoniche, costringendo a soluzioni che fanno anche a pugni con le regole compositive e con le tecniche costruttive. Se si alza il muro perimetrale, bisogna abbassare il colmo del tetto. Se si alza il colmo del tetto, occorre tenere basse le altezze alla linea di gronda. In entrambi i casi il risultato è quello di pendenze innaturali, o troppo pendenti o troppo poco, e spesso in palese contraddizione con i materiali della copertura. Se abbiniamo queste disposizioni normative alle, generalmente assai modeste, capacità progettuali il risultato, per quel che riguarda l’architettura non può essere meno che modesto, cosa di cui tutti abbiamo larga esperienza.

Si dovrebbe invece, fuor di ipocrisia, consentire che i sottotetti si possano recuperare senza quelle limitazioni morfologiche che, pensate forse per frenare gli eccessi, si sono però rivelate peggiori del male che volevano evitare. Una norma, come quella in vigore per le ex B2, che consenta alla commissione del paesaggio di approvare anche soluzioni innovative potrebbe, a mio avviso, risolvere in modo egregio molte situazioni anche se purtroppo sarebbe ormai come chiudere la stalla quando i buoi sono già scappati.

Gaetano Lisciandra Architetto, Urbanista

Immagine: stato di fatto e progetto di un intervento di sopralzo in P.ta Vercellina a Milano


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Autore: Gaetano Lisciandra

TAGS: sottotetti, tetti

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