Opere pubbliche

Sblocca cantieri, quale futuro per le imprese

2050 Il futuro è già qui 2019 numero 16

In attesa della riscrittura del Codice appalti, tanto promessa...

Sblocca cantieri, quale futuro per le imprese

In attesa della riscrittura del Codice appalti, tanto promessa, ma di cui non si vede per ora nessun evidente segnale, le speranze delle imprese erano affidate al decreto “Sblocca Cantieri”. Si auspicava che il provvedimento potesse essere una boccata d’ossigeno per un settore da troppo tempo allo stremo. Pubblicato a metà aprile, il decreto legge è in questo momento all’analisi del Parlamento per la conversione in legge.

Purtroppo l’effetto sperato non c’è stato, le modifiche sono troppo blande per sortire una vera inversione di rotta e accelerare i lavori. Innanzitutto perché partono da una premessa sbagliata: l’idea che gli incagli dell’appalto stiano soprattutto nella fase di gara.

Le grandi criticità che impediscono il rapido utilizzo delle risorse stanziate si trovano, invece, nei processi autorizzativi dei progetti, nei tempi morti dell’attraversamento tra i vari ministeri e gli organismi di controllo, nel blocco della firma da parte dei pubblici funzionari.

Di questo non c’è quasi nulla se si eccettua la procedura accelerata per gli interventi infrastrutturali ritenuti prioritari, tutta giocata sulla nomina dei Commissari che possono operare in deroga alle norme del Codice. Tra le pieghe del decreto ci sono però disposizioni che impattano pesantemente sull’assetto delle imprese e che costringono l’imprenditore a porsi il problema di quale organizzazione aziendale è necessario dotarsi per operare in questo mercato. Sempre che se ne possa individuare una. Le norme sul subappalto sono un esempio.

La percentuale subappaltabile continua a cambiare e viene determinata non tenendo conto dell’impatto sull’organizzazione dei fattori della produzione, ma sulla base di mere e strumentali posizioni ideologiche. Ma non solo, il decreto sblocca cantieri lascia alla stazione appaltante la discrezionalità di decidere se e quanti lavori possono essere affidati ad altre imprese. Si torna cioè alla facoltà della P.A. di prevedere o meno il subappalto.

Questa disposizione non tiene conto del fatto che la complessità tecnica del processo realizzativo di un’opera richiede competenze e specializzazioni che una sola impresa non può possedere nel suo complesso. È una evoluzione ormai irreversibile della produzione edile che non si può cambiare in maniera schizofrenica, a giorni alterni, con una norma.

Stesso discorso vale per l’offerta economicamente più vantaggiosa. Il Codice, nel 2016, ha introdotto quale criterio principale quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Le imprese hanno potenziato il proprio organico con tecnici in grado di formulare offerte competitive.

Dopo tre anni si ribalta tutto: fino alla soglia comunitaria (quasi il 90% degli appalti) l’aggiudicazione è al massimo ribasso con il correttivo della media (esclusione automatica). A questo punto il personale su cui si è investito non serve più!

In un Paese in cui l’organizzazione imprenditoriale è dettata in modo volubile dalla legge e l’aggiudicazione è affidata solo alla sorte, resta ormai da chiedersi, con grande amarezza, se ha ancora senso essere imprenditori.

 

Giorgio Mainini, Vice Presidente Opere Pubbliche , Assimpredil Ance

Giugno 2019

 


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Autore: Giorgio Mainini

TAGS: ANCE, Appalto, Assimpredil Ance, codice appalti, Comune di Milano, lavori pubblici, Sicurezza, subappalto

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