Le analisi

Opportunità sui Mercati Esteri. Problemi sul Mercato italiano.

Fuga dalla crisi 2013 numero 38

Nasce allora la domanda spontanea sull’opportunità o meno di trasferire parte della propria attività all’estero..

Opportunità sui Mercati Esteri. Problemi sul Mercato italiano.

Attualmente viviamo una fase del nostro mercato interno dove, già vessati dal calo della domanda e da un’incessante recessione, tra burocrazia asfissiante e mancanza di risorse economico-finanziarie, riuscire a vedere una prospettiva positiva per chi opera nel mercato delle costruzioni italiano è veramente difficile.
Nasce allora la domanda spontanea sull’opportunità o meno di trasferire parte della propria attività all’estero ma dove, o come?

La varietà della scelta impone opportune cautele: ci sono paesi con democrazie per nulla o insufficientemente sviluppate, dove lo stato di diritto non esiste e non garantisce, e nei quali è oggettivamente molto difficile operare; ma le sorprese per le imprese possono venire anche da contesti più stabili ed ugualmente difficili per buona parte del nostro settore. Dai primi anni novanta, ad esempio, molte imprese italiane affrontarono il mercato tedesco, per sfuggire alla crisi di quello italiano. Si trovarono quindi ad affrontare Committenti e Direzioni Lavori durissimi, Capitolati Tecnici molto dettagliati ed applicati “alla lettera” (senza quella minima dose di flessibilità e di buon senso che li avrebbe resi-sia chiaro, in modo totalmente lecito- effettivamente applicabili).
Allora le Imprese, in generale, persero molti soldi in queste operazioni e si indebolirono sotto ogni profilo (quando non fallirono). Eravamo per farla breve impreparati per quel mercato.

Il primo ragionamento da fare quindi è sul “dove”. Alcuni mercati interessanti sono geograficamente vicini, il nord Africa ad esempio. L’Algeria per molti è, già oggi, una buona risorsa: vicino, di diritto e lingua francese. La presenza di Imprese italiane è già molto nutrita, è un Paese con enormi prospettive di sviluppo edilizio ed infrastrutturale, Paese inoltre ricco di risorse naturali (gas in primis). Accanto ad esso, con caratteristiche analoghe ma ancora sicuramente meno sviluppato, il Marocco. La Libia e l’Egitto sono, viceversa, molto meno stabili dal punto di vista politico. Più ad Oriente, ma sempre raggiungibili in modo “non insormontabile”,  l’Arabia Saudita e tutti gli Emirati, Paesi dove l’inglese è normalmente, almeno a livelli alti, molto diffuso.

Tutti mercati relativamente vicini. Rimane il fatto che ci si può installare nella misura in cui la struttura dell’impresa conosce il paese (in via diretta o indiretta), ha personale preparato nella conoscenza delle lingue e flessibile nel comprendere le necessità e la mentalità di ogni committente, gli usi e costumi spesso anche radicalmente diversi dai nostri.
In Arabia per esempio le trattative sono infinite e non sempre incontrano la pazienza dei nostri Sviluppatori.

Oltre al Nord Africa suggerirei di pensare all’Europa Orientale, dove l’esperienza italiana è consolidata sia nel campo delle infrastrutture (aeroporti, ferrovie, centrali idroelettriche) sia in quello dell’edilizia.

Tutta l’Europa orientale è un mercato potenzialmente molto interessante e sono diverse le imprese che, con  bilanci sani, hanno riconvertito, almeno parzialmente, la produzione dall’Italia in questa zona d’Europa. C’è chi ha addirittura aperto stabilimenti per la prefabbricazione per servire, con un raggio di azione tipico di questa produzione, il territorio locale.

C’è chi ha saputo evolvere in fretta, o in tempo, ed ha portato a casa risultati certamente lusinghieri.

Grandi Imprese di Costruzione italiane sono state capaci, nel giro di quattro-cinque anni, di passare dal 30% della produzione estera e 70% in Italia al contrario, 70% all’estero ed il rimanente in Italia

Altre che nel giro di pochissimi anni hanno aperto Filiali/Società in molti Paesi. Molte, in definitiva, ora per lo più lavorano all’estero.

Ma la vicinanza e la conoscenza del Paese in cui cercare un “altro mercato” rimane, a mio avviso, un fattore fondamentale, soprattutto nel caso di imprese di medie dimensioni come sono la maggior parte delle nostre.

A volte Paesi lontani possono affascinare, ma è un errore: pensare di andare negli Stati Uniti, ad esempio, senza una dimensione di impresa credibile è un controsenso. E’ un mercato difficilissimo, dove le Grandi Imprese Italiane sono a volte riuscite ad andare (a volte guadagnando altre perdendo) molto complesso e non per tutti. Per le imprese medio piccole in questi paesi c’è la possibilità del subappalto in strutture dove la grande impresa fa da General Contractor: in genere gli italiani sono molto apprezzati anche in questo ruolo, sono flessibili e generalmente poco litigiosi, ma si tratta di sub appalti (e quindi vale la logica dei prezzi dai profitti limitati).
In ogni caso, per la media Impresa, soprattutto se detentrice di know tecnico, macchine e uomini, mettersi al traino di un General Contractor italiano può essere utile ed interessante.
 
L’estero, a volte, è visto come l’ancora di salvezza per situazioni finanziarie quasi compromesse, ma il tema di fondo è che la capacità finanziaria propria è fondamentale e chi ne è privo non può contare sull’appoggio degli Istituti di Credito. Non si può affrontare un mercato estero senza avere una base solida in Italia, base solida di Impresa, di uomini, di mezzi, di capacità finanziaria commisurata al lavoro che si affronta. Né va trascurata la capacità di reperire il personale locale necessario.

Il settore immobiliare
Venendo ora al settore immobiliare, chi ha investito negli anni passati nei paesi dell’Est Europa, ad esempio, ha raccolto quasi sempre molto bene, ma il ritorno economico non è stato immediato, è arrivato nel tempo con una rendita che è salita molto ma nel tempo.

Ora certamente è tutto più caro anche nell’est Europa ed i prezzi sono saliti parecchio, ma c’è ancora grande spazio per l’acquisto sia di terreni che di edilizia demolibile per la sostituzione. Lipsia, Dresda.. si compra benissimo, con rendimenti incomparabili a quelli italiani, con la certezza di uno Stato e di un’economia tedesca alle spalle, ma quale delle nostre imprese conosce le potenzialità di questi mercati? Chi conosce l’oceano di fondi spesi dalla Germania Occidentale per risollevare l’economia di quella Orientale? Luoghi dove ancora si compera a prezzi inferiori al costo di costruzione, con rese (sul residenziale) del 5-6%?

A Lipsia ad esempio recentemente Google ha aperto una sua sede, così Amazon e così la BMW. E’ chiaro che il panorama si fa interessante ma come Società di Investimento devi essere preparato, il che vuole dire preparato come management, sapere il tedesco, avere i conti in ordine. Solo con una situazione di partenza sana in Italia si può pensare di affrontare questo mercato, o le capitali di Ungheria o Romania, o i centri limitrofi minori.

Gli Italiani sono sempre stati popolo di emigranti e  questo ha rappresentato per loro un grosso vantaggio rispetto ad altre popolazioni. Oggi la nostra emigrazione è, tendenzialmente, di alto livello, giovanile, colta.

Le nostre imprese possono rappresentare sia qui che fuori un esempio virtuoso per know how e flessibilità: non abbiamo una qualità inferiore alla concorrenza estera ed, anzi, spesso pratichiamo soluzioni ottimali per vincere sulla concorrenza. Ma per uscire dal nostro Paese dobbiamo essere solidi.

Uscire dalla crisi.

Come usciremo da questa crisi non lo sappiamo bene ma il mercato immobiliare nel nostro Paese ormai è ai minimi e forse ci sono operazioni che hanno probabilità di successo proprio perché il mercato è sceso molto. Il mercato immobiliare ha delle crisi lunghe e cicliche dalle quali ci si riprende per i fattori più svariati. L’ultima crisi scoppiò nel 1992 e durò dal 1993 al 1997 circa.
Poi il mercato si è ripreso ed abbiamo avuto un decennio di crescita rientrando in crisi nel 2009. All’inizio c’è sempre un fattore scatenante che fa scoppiare una bolla speculativa, ma proprio per la sua ciclicità ed andamento sinusoidale voglio pensare che nel 2014/2015 ci possa essere una risalita, anche  duratura nel tempo (ma ci sono delle condizioni fondamentali perché ciò avvenga, vedere in seguito)  
La gente ricomincia ad avere voglia di investire, ci sono nuovi Fondi Immobiliari…

Nel frattempo molte Imprese si sono razionalizzate e chi è sopravvissuto ha un’attenzione diversa ed enormemente superiore rispetto a prima verso tanti temi che magari erano trascurati.
Molti investitori stranieri vengono in Italia già ora, siamo un mercato potenzialmente interessante dal punto di vista dell’investimento in sé, ma l’incertezza dei tempi ed anche la carente gestione della P.A. nelle grandi (e piccole) opere è devastante.
 
Avremmo gli investitori ma quando raccontiamo loro che il proprio investimento può essere realizzato dopo anni (non quantificabili) dall’inizio dell’operazione è finita, li vediamo sparire. E poi anche quando il cantiere sembra pronto al decollo appare la sindrome Nimby, il comitato di quartiere, etc etc.

In un paese dove la farraginosità legislativa spadroneggia mi appare indispensabile una fortissima semplificazione legislativa, una regolamentazione della stessa, delle procedure burocratiche…..
Se ci riusciremo, torneremo attrattivi per gli Investitori Esteri, altrimenti la via di cercare sbocchi verso un “estero ragionato”  forse rimane l’unica soluzione per sopravvivere (pur, come detto, con i piedi ancora in Italia).

Giorgio Robba - Presidente e socio fondatore di Avalon Real Estate S.p.A.


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Autore: Giorgio Robba

TAGS: internazionalizzazione, mercato estero

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