Casi studio

L'esperienza di un imprenditore

Conquistare l'estero 2014 numero 40

La molla che ci portò all’epoca a lavorare nei paesi dell’Est fu la delocalizzazione di molti nostri clienti...

L'esperienza di un imprenditore

Una conversazione di Enrico Marcora, Co.Ge.Mar spa, con Cecilia Bolognesi, Direttore di Dedalo

CB Agli inizi degli anni 90 la Marcora costruzioni inizia una fiorente attività all’estero: quale è stata l’occasione che vi ha permesso di muovere i primi passi?

EM La molla che ci portò all’epoca a lavorare nei paesi dell’Est fu la delocalizzazione di molti nostri clienti storici delle attività industriali. Mi riferisco cioè a medi industriali del nord, che hanno incominciato a metà degli anni 90 ad andare alla ricerca di paesi dove il costo della mano d’opera fosse inferiore a quello italiano ed i paesi dell’est, per noi la Romania, erano quelli che attraevano il maggior numero di investimenti. Come impresa noi abbiamo solo risposto ad un’esigenza del mercato. Ovviamente poi ci siamo allargati ad altri paesi come Bulgaria, Russia. Ma la Romania è stata l’inizio e sicuramente era il paese più vicino all’Italia per lingua, cultura ed opportunità economiche.

CB Quando si è presentata l’opportunità come vi siete orientati: una delocalizzazione temporanea di qualche servizio, di una parte dell’impresa o cosa pensavate di potere strutturare nel nuovo paese?

EM La scelta fatta allora non era solo quella di andare a fare dei lavori all’estero ma creare un’organizzazione stabile nel paese. Li abbiamo creato gli uffici dell’azienda, i magazzini, acquistato attrezzature a norma locale ed avevamo gran parte di dipendenti locali (quasi a 500 dipendenti). Il management era totalmente italiano, giovani italiani in gamba e volenterosi che hanno deciso di abbandonare l’Italia per una sfida eccezionale dal punto di vista lavorativo ed umano. Il successo si spiega con una riflessione sul momento in cui ci trovavamo: a metà degli anni 90, ovvero pochi anni dopo la caduta del muro del 1989il mondo ad est cambiò radicalmente ed agli Europei si presentò un’opportunità in quei paesi incredibile. Prima di tutto si spalancavano le porte di una parte dell’Europa totalmente da ricostruire ma soprattutto avveniva la liberalizzazione di un mercato prima della caduta impossibile da penetrare.

CB Secondo lei questo è un fenomeno finito o possiamo ipotizzare un progetto anche per il prossimo futuro? I paesi dell’est in modi e maniere diverse saranno a lungo un bacino per il settore delle costruzioni, oggi in maniera molto più sofisticata; quando siamo arrivato noi questi paesi erano paragonbili ad un dopoguerra italiano, sia per i lavori che bisognava fare che nello spirito delle persone: inequivocabilmente tutti avevano desiderio di chiudere un’epoca, di lasciarsela alle spalle, e cercare del nuovo. Non solo era la ricerca di un benessere economico ma anche di un’economia più libera.

CB Ideali secondo lei poi raggiunti o traditi?

EM Assolutamente traditi. La crescita economica c’è stata ma basata più sull’arricchimento di alcuni singoli o gruppi elitari; non c’è stata una crescita economica omogenea all’interno di tutto il paese. Nonostante tutto il modello italiano del dopoguerra ha dato la possibilità di fare crescere una “classe media” in gran parte del paese, che poi è divenuta la vera forza del paese. In alcuni paesi dell’est si è creata una oligarchia economica, in particolare in Russia.

Noi all’est abbiamo seguito il mercato degli operatori stranieri, principalmente Italiani, che arrivavano in Romania per creare unità produttive. I nostri clienti per noi sono stati degli Italiani, poi i Tedeschi, Israeliani poi abbiamo lavorato per società locali che hanno incominciato a chiedere costruzioni con qualità italiana. Il modello perseguito era basato su un forte radicamento sul territorio che ci ha permesso una discreta espansione delle attività. E’ ovvio che soprattutto le grandi multinazionali apprezzavano molto la presenza di un operatore   straniero che portava know how nel settore delle costruzioni, solidità finanziaria e curriculum di lavori. Il tutto accompagnato da una stabile organizzazione che dava la possibilità di dare risposte a tutti i problemi tecnici ed urbanistici del paese.

CB Su che genere di prodotto eravate orientati?

EM All’inizio sostanzialmente ci occupavamo di industriale costruendo le unità produttive che si delocalizzavano, ed abbiamo creato anche una società con un prefabbricatore italiano. In seguito abbiamo realizzato palazzi per uffici ed edifici residenziali. Un percorso estremamente interessante è stato quello delle attività immobiliari poiché a fianco del mercato delle costruzioni molti di questi paesi offrivano ed anche oggi offrono interessanti opportunità di sviluppo immobiliare: il costo dei terrenti è estremamente modesto e le società multinazionali erano alla ricerca di uffici o immobili funzionali, con caratteristiche europee. Oggi la situazione è differente nel senso che ogni mercato presenta delle nicchie, che bisogna sapere cogliere.

CB Quali sono le differenze sostanziali tra ora ed allora?

EM Allora c’erano margini di profitto importanti, eravamo i primi ad arrivare ed avevamo quasi il monopolio delle costruzioni, ci aiutava molto inoltre avere lo stabilimento di prefabbricazione. E’ stata stata un’esperienza esaltante. All’epoca la nostra compagnia aerea nazionale non arrivava neanche in Romania, c’era solo una aereo russo della Taron. L’aeroporto di Otopeni era una piccola casetta con delle strane volte sul tetto ed una pista di atterraggio in mezzo ai prati. Bucarest all’inizio del 900 era una città bellissima, veniva chiamata la “Parigi dell’est”, ma poi è stata distrutta in gran parte da Ceaușescu per ricostruirvi sopra secondo il “suo stile” i palazzi governativi come la sede del parlamento e del popolo. Quando siamo arrivati noi lo spirito della città era veramente duplice, la Bucarest prima e dopo Ceaușescu.Noi abbiamo colto un momento favorevole ed avevamo strutturalmente la forza di uscire dall’Italia, avevamo la forza del nostro know how e sapevamo venderci e vendere le nostre capacità per provare a costruire del nuovo. Io non so più se oggi le imprese italiane hanno la voglia o anche le forze per una sfida di questo tipo ed inoltre la concorrenza è molto superiore a quella di allora, il mercato molto più competitivo.

Inoltre la diplomazia e la politica non sempre aiutano; se guardo alla politica cinese in Africa ora è chiaro come stiano procedendo: uno scambio tra materie prime in cambio di opere pubbliche. Ma mi è altrettanto chiaro che si tratta di contratti a livello governativo, di opportunità che uno stato attivo si adopera per chiudere contratti vitali allo sviluppo del paese. Le imprese italiane sono sempre ben viste all’estero ma il sostegno del nostro governo e la politica del sistema bancario non favorisce la nostra penetrazione in altri territori.


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Autore: Enrico Marcora

TAGS: estero, internazionalizzazione

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