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L'efficienza delle procedure edilizie tra teoria e pratica

Piena crisi? 2013 numero 37

Può sembrare strano, ma le procedure italiane sul rilascio e la formazione dei titoli edilizi non hanno...

L'efficienza delle procedure edilizie tra teoria e pratica

Può sembrare strano, ma le procedure italiane sul rilascio e la formazione dei titoli edilizi non hanno pari tra i Paesi occidentali in termini di speditezza procedurale ed efficienza.

A seguito delle più recenti riforme, tra cui il decreto del fare della scorsa estate, è possibile realizzare pressoché tutti gli interventi sul patrimonio edilizio esistente (comprese le opere di ristrutturazione edilizia) nel momento stesso in cui si deposita il progetto in Comune. Per gli altri (comprese le opere di demolizione e ricostruzione con diversa sagoma) è comunque possibile avviare i lavori decorsi 30 giorni dal deposito del progetto, senza attendere la luce verde comunale.

Nei residuali casi in cui serve il permesso espresso dell'amministrazione, l'istruttoria si avvale della conferenza di servizi che, in termini certi e sotto pena di sanzioni per i funzionari inadempienti, assicura l'esame congiunto dei diversi profili progettuali. In ogni modo decorsi 90 (150 nei Comuni superiori a 100.00 abitanti) giorni dalla presentazione della domanda scatta il silenzio-assenso.

Quanto alle procedure di approvazione e variante degli strumenti urbanistici generali - che pure esulano dalle presenti considerazioni - è noto che tutte le Regioni hanno previsto procedure accelerate, che peraltro assicurano la valutazione unitaria dei profili ambientali di VIA e VAS, per i molteplici casi in cui sono ravvisabili ragioni di urgenza.

In ogni caso, attraverso la procedura dell'accordo di programma, in breve tempo si possono approvare varianti urbanistiche per uno specifico progetto o piano di sviluppo, chiamando al tavolo tutte le amministrazioni coinvolte (locali e centrali) per sottoscrivere un vero e proprio contratto avente effetti diretti sia sulla pianificazione del territorio, sia nei rapporti con i privati. 

Come è dunque possibile che a fronte di un quadro legislativo così avanzato e pensato per soddisfare le necessità degli operatori, tutelandone le giuste aspettative di certezza e speditezza, all'atto pratico il rapporto tra pubblica amministrazione e parte privata si dimostri tanto fallimentare da costituire quello che è stato definito come il principale freno al rilancio dell'economia italiana?

Quali sono le cause della netta separazione esistente tra dato normativo e realtà dei fatti? e, soprattutto, è possibile indicare una direzione cui tendere per superare il problema? Per cominciare a ragionare su un tema così complesso e rilevante è bene premettere che la procedura per il rilascio o la formazione dei titoli edilizi può essere definita come il procedimento amministrativo volto a verificare la legittimità dell’attività edilizia e a regolare la realizzazione degli interventi edificatori Anche dopo l’introduzione dell’istituto della perequazione urbanistica - che in qualche misura allontana il diritto di costruire dalla proprietà dell’area edificabile - la procedura edilizia può ancora definirsi secondo la tradizione, come il percorso necessario per rimuovere gli ostacoli all’esercizio dello jus aedificandi.

Su tale premessa è possibile affermare che l’efficienza delle procedure edilizie è influenzata tanto da fattori inerenti allo stesso "processo", ossia la trasparenza, la rapidità e l’economicità delle procedure, quanto da elementi relativi alla "sostanza" quali l’intelligibilità e la predicibilità, la ragionevolezza e la stessa sostenibilità delle previsioni urbanistiche, ambientali e prestazionali che regolano l’edilizia.

È infatti evidente che, in termini di efficienza, la procedure più semplici per il rilascio dei titoli edilizi sono vanificate da previsioni sostanziali non comprensibili e contraddittorie. Chi sarà così pazzo da avvalersi di una procedura autocertificata assumendosene la responsabilità quando la disciplina edilizia da rispettare è così complessa da non consentire una interpretazione univoca delle regole?

In particolare, è comune esperienza che in edilizia l’efficienza del rapporto P.A. privato sia ostacolata nella sostanza da diversi fattori quali:

  1. la sovra-produzione normativa: il proliferare delle procedure edilizie codificate da Stato, Regioni ed enti locali è stato definito la “complicata semplificazione”;
  2. il riparto delle competenze legislative tra Stato e Regioni: continua a mancare la legge che dovrebbe definire i principi cui le Regioni sono vincolate in materia;
  3. la regolamentazione locale: gli strumenti urbanistici e i regolamenti edilizi dei comuni sono spesso inutilmente complicati;
  4. l’instabilità politica: al mutare della guida politica troppo spesso cambia la disciplina edilizia a scapito della continuità amministrativa e degli affidamenti ingenerati;
  5. l’aumento dei requisiti prestazionali degli edifici in termini di efficienza e compatibilità ambientale;
  6. la giurisprudenza, specie amministrativa: chiamate a colmare i dubbi prodotti dal riparto legislativo, sentenze spesso contraddittorie tra loro annullano regole che avevano ingenerato l’affidamento degli operatori;
  7. la corruzione: aiutata da procedure opache e regole incerte, la discrezionalità è fonte di malaffare.

Così riassunti i fattori che per quanto qui interessa influenzano l'efficienza nel rapporto P.A. cittadino, è possibile tracciare - senza nessuna velleità di completezza e tanto meno di approccio scientifico - un diagramma delle due curve rappresentative nel tempo delle componenti di “processo” e di “sostanza” del procedimento edilizio.

Il periodo dal 1942 (data della legge urbanistica nazionale n. 1150) al 2013 mostra che, dopo una partenza da elevati livelli di efficienza tanto procedurale (lo scrutinio dei pochi progetti edilizi era rimesso a regole semplici), quanto sostanziale (si poteva costruire pressoché dappertutto e secondo semplici regole più igienico-sanitarie che urbanistico-edilizie), l’evoluzione di questi ultimi anni continua a decrescere in termini di complicazione delle regole da rispettare nella progettazione.

La curva del processo invece, anch’essa in picchiata fino agli anni Ottanta, comincia una lenta ma inesauribile (almeno sulla carta) risalita a partire dalle disposizioni di semplificazioni quali la 94/1982 e la 47/1985, fino alla disciplina del testo unico e alle regole su DIA, SCIA e Comunicazione di inizio lavori.

Si può alla fine dire che da pochi anni l’efficienza procedurale (per quanto afflitta dalla paradossale complicata semplificazione, per cui ogni sei mesi bisogna metabolizzare definizioni e procedimenti nuovi) ha superato quella sostanziale, che appare sempre più appesantita da stringenti requisiti prestazionali imposti alla progettazione, e influenzata da una produzione normativa e regolamentare di fonte statale, regionale e, soprattutto, locale (quella dei piani e dei regolamenti) che appare complicata oltre il lecito.

Il dato che così emerge dall'incrocio delle due curve conduce alla conclusione per cui, ormai, al fine di conseguire un più elevato livello di efficienza dei rapporti tra lo sportello edilizio e i suoi “clienti”, per il futuro non occorra più agire verso nuove forme di semplificazione procedurale (sarebbe anzi auspicabile un’opera di consolidamento della disciplina vigente), bensì appaia raccomandabile operare in favore della semplificazione della disciplina sostanziale degli strumenti urbanistici e dei livelli prestazionali dell’edilizia.

In questi termini, partendo dal dato locale, è importantissimo che i Comuni nel predisporre gli strumenti urbanistici generali e i regolamenti edilizi pongano particolare cura nel predisporre norme semplici, di immediata interpretazione e facile utilizzo.

Di pari importanza è poi che ad ogni cambio di amministrazione non si proceda alla riscrittura delle regole del gioco. Si deve privilegiare la continuità amministrativa e l'affidabilità generale del sistema, piuttosto che la volontà di riversare immediatamente sul territorio la propria visione politica  del governo del territorio.

Principi banali come assicurarsi che le regole edilizie sino immediatamente comprensibili agli utenti di piani e regolamenti e come darsi cura che i procedimenti in corso siano conclusi sono il presupposto indispensabile - ma purtroppo tutt'altro che scontato - per garantire quella reliability del sistema che costituisce prerequisito del vivere civile.

Si arriva così all'ultima considerazione che, in fondo, riassume tutto il discorso.

Occorre operare perché si accresca la cultura del rapporto “sportello-cliente”, improntandola ai principi di competenza, stabilità normativa e reciproca affidabilità a livello procedurale e sostanziale.

Guido Alberto Inzaghi - Partner DLA Piper Italy e Presidente Urban Land Institute (ULI) Italia


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Autore: Guido Alberto Inzaghi

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